Era quindi naturale che, pur non scoraggiando ogni utile

 

tentativo, si procedesse con una certa prudenza.

 

     Vennero così assegnati, in piccole concessioni, all’in-

 

circa 500 ettari di terreno, frazionati in lotti della super-

 

ficie individuali media di 10, 20 e 30 ettari, ubicati in

 

prossimità dei grandi centri urbani quali Addis Abeba, Harar,

 

Gondar e Dessié.

 

     Gli indiscutibili titoli morali degli aspiranti coloni,

 

quasi tutti ex combattenti della campagna italo-etiopica e le

 

loro insistenti,legittime richieste, indussero il Governo Ge-

 

nerale ad escogitare un’iniziativa di colonizzazione speri-

 

mentale che,pur discostandosi da tutte le altre adottate, pa-

 

reva dover costituire, al pari di esse, un sicuro coefficien-

 

te di avvaloramento agrario a contenuto autarchico.

 

     Iniziativa concretizzatasi nella creazione di una Centu-

 

ria Agricola di Pre-colonizzazione, della quale furono ammes-

 

si a far parte, previo accertamento della loro idoneità, gli

 

smobilitati dell’Esercito, della Milizia e delle Centurie dei

 

Lavoratori, già dediti nella vita civile all’agricoltura,

 

intenzionati a stabilirsi nell’Impero per svolgere un’atti-

 

vità agricola.

 

     Analizziamo gli aspetti più caratteristici di questo

 

interessante esperimento.

 

     Il nuovo reparto di pre-colonizzazione veniva reclutato

 

con criteri di selezione basati su requisiti professionali,

 

combattentistici, politici e sociali; e mentre i nuovi colo-

 

ni dipendevano, sotto i profili amministrativo e disciplina-

 

re, dal Comando Superiore della Milizia, la loro attività

 

tecnica veniva diretta dall’Ispettorato Agrario di Addis Abe-

 

ba. La sede stessa della Centuria era stabilita nell’ambito

 

dell’Azienda di Sperimentazione Agraria del Governo Generale.

 

     Alla fine del primo anno di tirocinio e di sperimenta-

 

zione, l’Amministrazione avrebbe assegnato agli elementi più

 

capaci e laboriosi un piccolo podere a coltura intensiva.

 

     Veniva attuata, così, la graduale trasformazione dei co-

 

loni in piccoli proprietari, e la progressiva costituzione di

 

vari nuclei demografici.

 

     La spesa per l’avvaloramento dei lotti veniva anticipata

 

dal Governo Generale, che avrebbe provveduto, dopo il primo

 

quinquennio, a rimborsarsi mediante modici canoni annui.

 

     Anche qui,ragioni di opportunità logistica consigliavano

 

l’ubicazione dei lotti nei pressi della capitale e di altri

 

importanti centri urbani. Infatti, le prime sedi delle Cen-

 

turie, vennero prescelte l’una nell’ampia conca del Piccolo

 

Acachi, a valle di Maccanise - a circa tre chilometri da Ad-

 

dis Abeba - e l’altra nella zona di Guder.

 

     Nel primo comprensorio furono ricavati 47 poderi e nel

 

secondo circa 200.

 

     Con la coltivazione di questi poderi, Addis Abeba avreb-

 

be potuto contare, dopo qualche anno, su abbondanti forniture

 

di uova e ortaggi, frutta e latticini, potendosi in tal modo

 

emancipare da un costoso tributo di importazioni alimentari.

 

 

La colonizzazione capitalistica. Parallelamente alla coloniz-

 

zazione demografica e seguendo le direttive di carattere ge-

 

nerale esposte nelle pagine precedenti, veniva impostato - si

 

può dire già pochi mesi dopo la conquista - un primo program-

 

ma di valorizzazione agricola delle terre dell’A.O.I. median-

 

te medie imprese di tipo capitalistico affidate ad agricolto-

 

ri e imprenditori nazionali.

 

     Le prime realizzazioni sorgevano dall’incontrarsi della

 

necessità, per i pubblici amministratori in A.O.I., di creare

 

rapidamente imprese agricole atte alle fondamentali produzio-

 

ni di carattere autarchico (principalmente grano), con il de-

 

siderio di alcuni coraggiosi agricoltori di tentare - purché

 

sorretti dall’Amministrazione - la fortuna nelle prime espe-

 

rienze di valorizzazione agraria sugli altipiani etiopici.

 

     La necessità di avere sicuri ed immediati rifornimenti

 

granari si presentava particolarmente per Addis Abeba, mentre

 

nello stesso tempo le terre dello Scioa si palesavano, per un

 

complesso di ragioni politiche, tecniche ed economiche, come

 

le più adatte per un tal genere di esperimenti.

 

     Nei primi mesi del 1937, pertanto, l’Intendenza Militare

 

stipulò un contratto con un gruppo di imprenditori (si trat-

 

tava principalmente di agricoltori scesi in visita all’A.O.I.

 

in una delle missioni all’uopo organizzate), i quali si impe-

 

gnarono a seminare grano, fruendo delle macchine, degli at-

 

trezzi e delle sementi messi a disposizione dall’Intendenza

 

stessa; ogni concessionario disponeva di circa 500 Ha di ter-

 

reni demaniali, rilasciati in permesso provvisorio di semina,

 

negli immediati dintorni di Addis Abeba.

 

     I concessionari potevano avvalersi della mano d’opera

 

indigena insediata sui terreni mediante i tradizionali con-

 

tratti di compartecipazione, e venivano incoraggiati a semi-

 

nare altri cereali, ove la natura del terreno non si prestas-

 

se alla coltura del grano.

 

     L’Intendenza, d’altra parte, si impegnò ad acquistare

 

tutto il raccolto, sulla base di prezzi remunerativi.

 

     I contratti subirono, come era naturale, una complessa

 

serie di vicende, dovendo essere in parte modificati e rive-

 

duti, per adeguarli alle esigenze dimostrate e imposte man

 

mano dalle condizioni ambientali, dal punto di vista sia del-

 

la coltura sia dell’economia dei mercati.

 

     Ogni cosa era da sperimentare: epoca di semina, compor-

 

tamento dei grani indigeni nei confronti dei metodi di gran-

 

de coltura europea, reazione dei vari tipi di terreno ai nuo-

 

vi sistemi di lavorazione, comportamento delle varietà euro-

 

pee, ecc. I contratti con gli indigeni, l’assegnazione di zo-

 

ne d’influenza, l’incertezza di alcune situazioni fondiarie,

 

portarono pure a difficoltà che talvolta ritardarono od osta-

 

colarono il lavoro degli agricoltori.

 

     Comunque, nonostante tutti gli ostacoli, i ripiegamenti

 

e gli inconvenienti inevitabili, l’esperimento si concluse in

 

modo decisamente positivo.

 

     Superata, quindi, la fase del contratto provvisorio di

 

semina, gli agricoltori furono oggetto di assegnazione dei

 

terreni in concessione definitiva, ciò che determinò una in-

 

tensificazione degli investimenti fondiari e del lavoro per

 

la completa valorizzazione delle aziende.

 

     In complesso, il sistema dei permessi provvisori e con-

 

tratti speciali di semina, implicante, nei modi usati, note-

 

voli oneri per l’Amministrazione - se poteva apparire uno

 

strumento superato per le migliorate condizioni dell’ambien-

 

te in tutti i suoi aspetti - certamente rispose ai compiti

 

che ad esso erano richiesti, e valse a vincere il primo dif-

 

ficile momento statico nella colonizzazione capitalistica

 

nello Scioa.

 

     Ciò non significa che altre iniziative autonome di valo-

 

rizzazione agricola non fossero andate frattanto sorgendo;

 

meritano anzi una parola di elogio quegli agricoltori e im-

 

prenditori i quali, senza un particolare aiuto del Governo,

 

spesso in situazioni difficili e d’incertezza in materia fon-

 

diaria, crearono aziende agrarie piccole e medie valorizzando

 

nuove terre. Il numero di queste aziende non era indifferente

 

ed esse, diffuse in tutto il territorio, davano al paese una

 

fisionomia di intensificata economia; mentre, oltre al loro

 

valore intrinseco, ebbero di riflesso efficacia propagandi-

 

stica sull’agricoltura indigena, la quale, spinta dalle esi-

 

genze dei mercati, spronata dall’esempio dei nuovi coloni e

 

dall’incessante azione delle Autorità preposte, andò rapida-

 

mente anch’essa potenziandosi, con evidenti risultati nel

 

complesso della produzione.

 

     Così si concluse la prima fase della colonizzazione del-

 

lo Scioa, che doveva lasciare spazio ad un successivo svilup-

 

po su binari di maggiore autonomia nelle singole imprese, e

 

nello stesso tempo di maggiore disciplina ed inquadramento

 

nei confronti degli schemi generali di valorizzazione del

 

paese. In altre parole - mentre dovevano essere studiati da-

 

gli organi competenti i comprensori per i vari tipi di colo-

 

nizzazione, previsti nel nuovo Ordinamento Fondiario, ed ogni

 

nuova attività doveva essere rigidamente inquadrata secondo

 

gli schemi dei comprensori stessi - ogni intervento partico-

 

lare in favore di singoli sarebbe stato escluso.

 

 

L’organizzazione della Milizia Forestale.  La Milizia Fore-

 

stale aveva in Addis Abeba il suo Comando (XI Legione), con

 

giurisdizione in tutti i territori dell’A.O.I. e con funzio-

 

ni ispettive, direttive, disciplinari e di coordinamento sui

 

vari Comandi di Coorte dislocati presso i singoli Governi.

 

     Aveva poi sede in Addis Abeba anche il Comando Coorte

 

Milizia Forestale, che dirigeva e controllava tutta l’atti-

 

vità forestale del territorio dello Scioa.

 

     Esso disponeva di sei distaccamenti, dislocati nelle zo-

 

ne forestali più importanti (Addis Abeba, Olettà, Gaggi, Am-

 

bò, Biscioftù e Debra Berhan), nonché di un posto fisso nella

 

foresta demaniale di Celimot.

 

     Ogni distaccamento era dotato di adeguati alloggi in mu-

 

ratura per il personale metropolitano, di campi famiglia per

 

ascari forestali, nonché di un vivaio completamete attrezza-

 

to e sufficiente a sopperire le esigenze di piantine foresta-

 

li nelle singole zone.

 

     Il Comando Coorte dello Scioa disponeva di 3 ufficiali,

 

5 sottufficiali, 25 militi e 50 fra graduati ed ascari della

 

Milizia Forestale, addestrati al servizio cui erano destinati

 

presso il Centro Reclutamento ed Istruzione in Addis Abeba,

 

presso il Comando XI Legione M.F.

 

     Il Comando Coorte dello Scioa esplicava, oltre alle nor-

 

mali mansioni di polizia forestale, compiti vari di istituto,

 

e cioè:

 

- istruzione delle pratiche per le concessioni di sfrutta-

 

  mento boschivo;

 

- rilascio di autorizzazioni al taglio di piante di proprie-

 

  tà privata;

 

- studio ed esecuzione dei rimboschimenti;

 

- sperimentazione forestale volta alla migliore valorizza-

 

  zione del patrimonio forestale esistente;

 

- introduzione di specie forestali esotiche;

 

- ricerca delle più adatte forme di governo e di trattamen-

 

  to dei boschi;

 

- coltura dei vivai forestali e distribuzione di piantine;

 

- gestione dei complessi boschivi affidati in amministrazio-

 

  ne diretta, ecc.

 

 

Venivano amministrati e gestiti dalla Milizia Forestale del-

 

lo Scioa i due complessi boschivi demaniali di Gaggi e Celi-

 

mot, con le annesse segherie, capaci di una produzione gior-

 

naliera rispettiva di 2 e 15 metri cubi.

 

     Oltre i rimboschimenti iniziati in tutti i centri abita-

 

ti, venne costituito il comprensorio di rimboschimento di Bi-

 

scioftù, della superficie di circa 100 ettari.

 

   Le concessioni forestali nel governo dello Scioa, ammonta-

 

vano a 20, per un complesso di circa 15.000 ha.

 

La produzione dell’anno 1938 nel territorio dello Scioa è

 

stata la seguente:

 

 

- legname lavorato . . . . . . . . . . .  mc.       31.194

 

- legna da ardere  . . . . . . . . . . .  q.li     770.000

 

- carbone    . . . . . . . . . . . . . .  q.li         657

 

- legname da opera   . . . . . . . . . .  mc.      281.000

 

- legna da ardere e da carbone . . . . .  q.li   8.985.000

 

 

     Un cenno speciale per il bosco di eucalipto di Addis

 

Abeba, conservato per scopi igienico ed estetico; furono e-

 

messe, a tale scopo, norme restrittive per i tagli.

 

     Per provvedere ai bisogni di legname e carbone della

 

città furono assegnate, oltre a quelle dianzi ricordate, mol-

 

te piccole concessioni nelle zone di boscaglia prossime ad

 

Addis Abeba e nel territorio dei Commissariati di Moggio ed

 

Addis Abeba.

 

     Nessuna preoccupazione aveva quindi ragione di esistere

 

per il fabbisogno di legna e di carbone della capitale dello

 

Impero. E questo già nel 1938.

 

 

 

               

    Con questa panoramica sull’organizzazione della Milizia Fore-

 

stale nello Scioa, ma con giurisdizione, come abbiamo vi-

 

sto, in tutti i territori dell’A.O.I., si conclude l’ana-

 

lisi di questa pagina di storia che ha segnato, nel bene e

 

nel male, un periodo significativo della vita della nostra

 

Nazione.

 

     In particolare, sono stati toccati gli aspetti squisi-

 

tamente economici ed organizzativi della nostra “avventura”

 

in terra d’Africa; ma sono venuti alla luce, perché funzio-

 

nali agli stessi, anche altri aspetti, più profondi, atti-

 

nenti la sensibilità, l’umanità, lo spirito di sacrificio e

 

la grande volontà dimostrati dai nostri antichi fratelli per

 

fare dell’Italia un grande paese, dispensatore di benessere

 

a tutti i suoi figli.

 

     Tuttavia, guardare agli avvenimenti che portarono alla

 

guerra d’Etiopia e valutare l’importanza che essa ebbe nella

 

storia del nostro paese e del mondo, oggi, dopo l’esperienza

 

vissuta, equivarrebbe ad un ragionare “col senno di poi”.

 

     Crediamo, invece, che compito di un “testimone” veritie-

 

ro sia quello di ricreare, possibilmente, il clima che esi-

 

teva allora e le opinioni della maggioranza del popolo in

 

quel momento, il tutto accompagnato da una rivisitazione for-

 

temente oggettiva dell’epoca, tesa a sfatare il mito, duro a

 

morire, di un colonialismo straccione dal volto umano.

 

                     Quello italiano.

 

 

 

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