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“Gangster Movie: an American Underworld” Il Gangster e il Sogno Americano Autore: Eleonora Zaccagnino (luglio 2007) |
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Capitolo 1: La città e il gangster: Contraddizione e dualismo - Scarface - Piccolo Cesare - Io sono un evaso Capitolo 2 - La disgregazione della famiglia: Nemico pubblico Capitolo 3 - Il Nuovo mondo del "Loser" - La foresta pietrificata - Angeli con la faccia sporca - Una pallottola per Roy
Introduzione
Il genere Gangster ha origine nel primo decennio del ’900 in America e ha avuto il suo maggior sviluppo nei primi anni trenta. Il termine inglese “gang”, da cui prende nome il genere cinematografico, significava, almeno in origine, “gruppo di persone” o ”squadra di lavoro”, ma è da molto tempo sinonimo di gruppo di malaffare. Le prime opere sono film senza sonoro come The musketeers of pig Alley (I moschettieri di Pig Alley, 1912) di Griffith, seguito da Regeneration (Redenzione, 1915) di Raoul Walsh; saranno seguiti negli anni venti da importanti film come Underworld (Le notti di Chicago, 1927) di Josef Von Sternberg e, sempre dello stessa regista, Thunderbolt (La mazzata, 1929). L’elaborazione del mito gangster nella società americana avviene durante gli anni ’20[1] e procede di pari passo con lo snodarsi degli eventi sociali che nell’ottobre del 1929 diedero il via alla crisi socio-economica più profonda che ha mai colpito l’America. Nel decennio che segue, infatti, la società americana deve affrontare, insieme alla depressione economica, la disoccupazione e la sfiducia, anche le sue peggiori paure dai tempi della “frontiera”: la fame, l’insicurezza, la violenza. Le aspettative ed i bisogni del pubblico, al pari di quelle dei cittadini, subiscono in questi tempi trasformazioni profonde cui è necessario dare risposte. Una di queste la diede Hollywood mettendo in campo un nuovo tipo di gangster film. Il padre di questa svolta fu Darryl Zanuck che a partire dal 1930 divenne capo della produzione della Warner Brothers. Quest’ultima, sotto la guida di Zanuck, si rivela come la maggiore casa di produzione di gangster film, in parte per l’abbondanza delle pellicole e soprattutto per le caratteristiche estetiche di cui si era dotata e che le diedero celebrità. Le immagini, sempre in un bianco e nero molto contrastato, hanno un forte impatto visivo e sono montate in modo straordinariamente veloce ed energetico, tanto da conferire ad ogni inquadratura un dinamismo interno che rielabora anche le cosiddette “influenza espressioniste” e i dialoghi serrati. Le pellicole prodotte in questo periodo mostrano inoltre una notevole attenzione per l’elemento sociale, immerso in quegli anni nelle sue storie criminali, con frequenti riferimenti a fatti di cronaca. Il gangster movie permetteva alla Warner di sfruttare al massimo le caratteristiche tipiche dello studio, mantenendo bassi i costi di produzione e sviluppando quel tipo di cinema “popolare” estraneo all’ambiziosa eleganza di Paramount e Mgm. La Paramount e la Metro Goldwin Mayer erano negli anni venti, insieme alla Warner, due delle case produttrici più importanti degli Stati Uniti d’America. Zanuck ebbe il coraggio di andare contro la tendenza, molto diffusa ad Hollywood, di usare come soggetti cinematografici le opere teatrali che avevano riscosso un buon successo a Broadway. Comprò lavori teatrali prima che venissero messi in scena e si occupò di ricercare nuovi spunti per i suoi film in romanzi e racconti, dando così un volto nuovo alla Warner. Il primo film da lui prodotto fu nel 1930, Doorway to Hell diretto da Archie Mayo. La trama è molto simile a quella dei film gangster dei primi anni venti: il gangster è un bravo ragazzo finito sulla cattiva strada, ma pronto al sacrificio e alla redenzione. La scelta di Zanuck fece presa in modo notevole sul pubblico del tempo. Nel 1930 il dottor Carleton Simon, psichiatra criminale, mosse delle critiche alla scelta del divo Lew Ayres come protagonista del film. Il parere dello psichiatra era stato richiesto dalla stessa M.P.P.D.A. (Motion Picture Producer Distributor Association). Dopo il responso del dottore, che rifiutava l’interpretazione di ruoli così poco nobilitanti da parte di attori noti e conosciuti, le Majors diedero, senza eccezioni, le parti da gangster a sconosciuti. Il risultato fu che questi volti non ancora noti divennero delle vere e proprio star e conquistarono al botteghino un clamoroso consenso popolare. L’avvento del sonoro, i nuovi volti del cinema, la Chicago di Al Capone, il Proibizionismo e la Grande Depressione furono le basi su cui si sviluppò la prima fase del genere, che inaugura il suo inizio con il film Little Caesar (Piccolo Cesare, 1930) prodotto da Zanuck , diretto da Mervyn le Roy e tratto da un romanzo omonimo di un giovane sconosciuto, William Riley Burnett[2]. Il passaggio dal cinema muto al cinema sonoro, come ci spiega Fran Mason in American Gangster Cinema[3], aggiunge intensità e velocità al film e alle scene d’azione. Il vecchio problema del doversi concentrare sulle didascalie del film muto viene risolto e lo spettatore ha la possibilità di seguire in tempo reale le scene, mentre l’intensità dell’azione è raddoppiata dal rumore degli spari “shoots”, contribuendo a un maggior coinvolgimento dello spettatore. La dinamica dei film gangster dei primi anni ’30 è abbastanza lineare. Fondata sul fascino che questi criminali diffondevano intorno alle loro storie e le eccitanti, seppur allarmanti prodezze, diventano l’icona del malessere sociale e soprattutto la metafora deviata del self - made man predicato dai teorici dell’ancor giovane”terra delle opportunità”. La vivacità, lo stile di vita, la perversa audacia del gangster distrae il pubblico nel periodo della depressione che l’America sta attraversando: crollate le speranze di una rinascita del paese dopo la prima guerra mondiale, l’incalzante povertà che riguarda tutta l’America rurale, permise ai grandi sogni perseguiti dai gangster di diventare parte di una dialettica che ben si lega alle fantasie del pubblico. I personaggi interpretati dagli attori dell’epoca soccombono alla loro stessa arroganza, brama di potere, pregiudizi morali, in trame che ricordano quelle delle tragedie antiche. Cominciano sempre dal nulla, o meglio, dai loro sogni, ma la loro stessa natura ne caratterizza il destino, portandoli a scontrarsi con una concatenazione di forze che segnerà il loro declino e la loro fine. La vita del gangster è sempre segnata da un picco iniziale di celebrità e potere seguito da una fine inaspettata. Il gangster è un uomo che si è fatto da se e non ha paura di soffrire e morire per la realizzazione dei suoi desideri. Il film gangster sottolinea l’impossibilità per il protagonista di uscire vincitore dalle vicissitudini che contrastano il suo sogno; ciò che risulta determinante è il modo in cui il gangster perde. Questa sete di potere che mai può estinguersi conferisce al gangster cinematografico uno status eroico. Film come Piccolo Cesare, Scarface-Shame of nation (Scarface 1932), Public Enemy (Nemico Pubblico 1931) mostrano la realtà del mondo del gangster, la personalità dei protagonisti e comunicano con immediatezza i particolari dei loro comportamenti.[4] Il personaggio centrale conduce un’esistenza che viene espressa in modo realistico, sono film tradizionali, mimetici, illusionistici. Da una parte la società con i suoi apparati giuridici, dall’altra l’eroe tragico, spesso simpatico e seducente, che si scontra con le leggi e il sistema istituzionale. I suoi problemi sono definiti e causano immediatamente il raffronto di due forze opposte e ben delineate. La storia del film non contiene flashback, è attinente al presente e si sviluppa rispettando la successione dei fatti. Per quanto riguarda l’identificazione Personaggio-Spettatore, questa avviene in modo esterno e superficiale, poiché il gangster si pone al di fuori delle esperienze personali dello spettatore: il mondo in cui agisce è reale, tuttavia non ci appartiene, le sue esperienze e il suo modo di relazionarsi alla vita è diverso dal nostro. Lui è la versione di essere umano deviante dalla norma, in modo che sia possibile osservarlo come un qualcosa di lontano e separato. Questa sua posizione “privilegiata” viene esaltata soprattutto nei primi film gangster, dove, il modo d’essere di grandi attori del calibro di Muni, Cagney e Robinson prevale sul significato vero e proprio del film. Alcuni di questi attori hanno delle personalità chiare e definite. Cagney, ad esempio, è caratterizzato da una vivacità infantile chiusa dietro un volto duro e marcato che fanno di lui una sorta di bambino cresciuto, testardo e divertente. Robinson è invece caratterizzato de una corporeità goffa e grottesca che, in Piccolo Cesare, avrà la funzione di contrapporsi alle sue grandi aspirazioni. Lo scenario, su cui questi attori agiscono, che è spesso rappresentato con poche inquadrature e ambientazioni molto simili fra loro nei diversi film (la città è descritta superficialmente, come gli ambienti chiusi che non hanno delle caratteristiche nette ma appena accennate) aiuta a mettere in scena le loro personalità e i loro caratteri. La nostra attenzione, in questo modo, si concentra completamente sulle scelte, il modo di fare, le reazioni del personaggio da loro interpretato, che emerge da copioni spesso poveri di battute significative. I primi film gangster, come Piccolo Cesare o Le notti di Chicago, sono concisi, istintivi, ingenuamente raffigurativi e come tali sono rimasti insuperati nella loro perfezione. Con Scarface (1932) si conclude la prima fase del gangster movie, genere che continuerà ad esistere durante tutti gli anni trenta in modo diverso e discontinuo. Il gangster assumerà una connotazione lirica e romantica e spesso verrà visto come vittima delle condizioni sociali. Verso la metà degli anni ’30 nascono i film di denuncia sociale, in particolar modo il film carcerario. I numerosi film gangster dei primi anni trenta stabiliscono una netta contrapposizione tra chi è inserito nella società e chi ne è escluso, tanto da rendere convenzionale la contrapposizione e la denuncia del delitto come un problema sociale in netta espansione. Nella società americana di quel periodo era possibile una vita agiata e prospera solo nell’ambito della malavita organizzata e i protagonisti di questi film avevano il compito di dar risonanza a questa situazione. Come pioniere del genere il regista Mervyn Le Roy adotta uno stile descrittivo proteso a trattare questo tipo di problematiche attraverso l’adattamento cinematografico di storie di cronaca vissute dai grandi Boss della malavita e dei loro personali conflitti. Il gangster è una creatura generata dal momento storico. Tanto che Al Capone, ad esempio, come molti altri in questo periodo, era di certo un criminale pericoloso, ma agli occhi della popolazione era anche un benefattore e veniva per questo stimato[5]. Questa visione che la società aveva di lui segnò il grande successo del Piccolo Cesare. I personaggi malavitosi erano spesso descritti come eroi dai giornali dell’epoca e veniva esaltato il loro potere e le loro prodezze nell’affrontare altri criminali, oltre alla capacità economica di elargire aiuti concreti e beneficenza, gesti che in quell’epoca erano considerati fuori dal comune. Inoltre la loro attività durante il Proibizionismo permetteva ai cittadini di usufruire di bevande alcoliche in un periodo in cui ne era vietata la vendita[6]. Verso la fine degli anni ’10, in un momento storico di crescente puritanesimo e di una sempre più vistosa presenza di disordini sociali causati dell’abuso di alcool, il Governo degli Stati Uniti ratificò, il 16 gennaio 1919, il XVIII emendamento, legge che vietava la produzione, la vendita, il consumo e il trasporto di qualsiasi bevanda alcolica, col massimo dissenso della popolazione americana, che continuò a fare uso di alcolici ritrovandosi in appositi bar clandestini (chiamati “speak - easy” e gestiti dai gangster). Il proibizionismo si dimostra essere il periodo d’oro per la criminalità delle grandi città. I disordini e le continue proteste spinsero il Governo a ratificare, il 5 dicembre 1933, il XXI emendamento e a porre fine all’era del proibizionismo. Fu grazie a questi avvenimenti che il gangster divenne un personaggio pubblico, ammirato e stimato al pari o più di un onesto cittadino. Negli anni dei successi cinematografici delle Gangster Story era diffusa nella popolazione l’ignoranza generale sugli aspetti più cupi delle attività svolte dai gruppi criminali; l’informazione era fuorviante poiché in gran parte gestita direttamente o indirettamente dalla criminalità organizzata. Richard Maltby riflette sul fatto che il crimine era divenuto parte della società dello spettacolo e che la sua spettacolarizzazione potesse servire non solo a mostrare le trasformazioni culturali, ma anche a veicolare più immediati fini politici. Maltby scrive:
Al Capone non governò mai Chicago e la protratta guerra fra bande stava ad indicare mancanza di organizzazione più che potere; ma il melodramma da stampa scandalistica cadeva ad hoc per distogliere, divertendo, dalla realtà della realpolitik locale degli anni Venti, quando la gestione della città era pure esercizio di malcelata corruzione[7].
Il costante flusso di film gangster contribuisce a tener informato il pubblico circa alcuni aspetti sgradevoli della vita americana e al contempo da forza duratura alle gestione delle problematiche sollevate dal genere e ai relativi contenuti di protesta. Il genere gangsteristico analizza un mondo sotterraneo, the underworld, che è poco conosciuto all’opinione pubblica e si mostra ostile alla società legale. Il rapporto tra individuo e struttura sociale è il tema dominante di alcuni film che, seppur girati negli Stati Uniti e basati su storie americane, prendono inevitabilmente la direzione della critica del mito del capitalismo. Nell’immaginario americano di quel periodo di diffuso malessere sociale l'avidità, la brama di riscatto, la vendetta, sono temi che portano il singolo a superare le regole del gruppo sociale cui appartiene e dunque ad empatizzare col gangster, ma la struttura di questi film, non a caso, rimette sempre le cose al loro posto determinando la fine certa di chi ha osato porsi al di sopra dei vincoli sociali e degli obblighi condivisi. Il genere che analizziamo si è imposto di non scostarsi dagli aspetti spiacevoli e abietti, tipici della società americana degli anni ’20 e ‘30, anzi, l’America viene qui rappresentata come un luogo di eterno e violento conflitto. Il gangster, sullo schermo come nella realtà, veste i panni del sogno americano, incarna infatti un’aspirazione in conflitto con la società che non avrà modo e possibilità di realizzarsi. Nel primo capitolo analizzeremo la fase iniziale del genere e le numerose contraddizioni che lo caratterizzano. A partire dalla contraddizione che è insita al genere, e cioè quella sociale, lo spazio su cui questi contrasti si svilupperanno sarà quello urbano. Fondamentale è la presentazione che viene fatta di due aspetti contrapposti dell’ideologia americana. Nel pensiero americano c’è un’intrinseca contraddizione fra l’America capace di offrire ogni possibilità (la realizzazione del “sogno americano”) e la visione di una società democratica e senza classi sociali rigide. Infatti l’esaltante progredire individuale sino al successo conclamato, inevitabilmente ci allontana da altri che generalmente percorrono la vita a diversa velocità, se così si può dire. Il tema del successo e il successivo fallimento delle aspettative, è forse il segno di una radicata confusione etico - morale della cultura americana. Andremo quindi qui ad analizzare il rapporto fra la figura del gangster e lo scenario su cui egli agisce, la città come un labirinto tortuoso che inghiottisce il gangster e le sue aspirazioni. Nel capitolo successivo verranno analizzati i personaggi che vengono proposti in modo contrapposto nei film del genere, in uno spazio ristretto e claustrofobico, quello familiare. Le figure sempre presenti dell’eroe e dell’anti-eroe, due modelli di vita che rispecchiano due scelte avverse e che alla fine del film si trovano a confrontarsi in uno scontro di mentalità che sottolinea ancor più la morte e la sconfitta anche psicologica del malavitoso. Il tema della disgregazione della famiglia e quello del gangster che assume una dimensione più sentimentale e romantica. Nel terzo ed ultimo capitolo verranno introdotti i temi, i cambiamenti storici e sociali che porteranno alla trasformazione definitiva del genere gangsteristico, i nuovi spazi che il “loser” è portato ad occupare. Nel 1939 la depressione era finita e l’inquietudine di un recente passato sembrò trasformarsi in un momento di stasi per il gangster movie. Da questo momento in poi il genere perde tutte le sue radici diventando estremamente flessibile e i ruoli dei personaggi sono molto meno definiti. Il cinema, che fu poi definito dai critici intorno agli anni ’50, come noir prese vita nei primi anni ’40 protraendosi fino al 1958, trovando le sue origini proprio nel gangster movie. L’ultimo film che per alcuni aspetti ancora possiamo definire “gangster” è High Sierra (Una pallottola per Roy, 1941) diretto da Raoul Walsh, mentre il primo film noir viene identificato in The Maltese Falcon (Il mistero del falco,1941) diretto da John Huston. È importante capire le differenze che ci permettono di distinguere due generi diversi in due film storicamente molto vicini fra loro. Il cinema gangster si avvicinerà spontaneamente alle tematiche noir e lo farà tramite un processo di umanizzazione dell’eroe, lasciando spazio a sentimentalismi e scelte romantiche. Mentre nel gangster movie il personaggio principale non viene oscurato dalla presenza di altri personaggi e la descrizione della sua storia ruota unicamente intorno alle vicende che lo riguardano, nel noir verrà accostato a personaggi che diventeranno i protagonisti assoluti delle vicende. Le pellicole che fanno capo al genere noir si fondano essenzialmente su elementi formali e contenutistici, mentre a livello narrativo gravitano attorno a tematiche complesse, non a semplici icone come avviene invece principalmente nei primi film gangster. Alcune delle tematiche principali del noir trovano terreno fertile in una nazione messa in ginocchio dalla depressione economica, prima, e dalla seconda guerra mondiale poi; il tema del “fantasma del passato” e del “fatalismo”[8] attingono direttamente a queste fonti. Per il protagonista del film noir il passato non è un fantasma di passaggio ma reale, tangibile, minaccioso e malgrado i suoi sforzi non riuscirà a sfuggirgli. Oltre al cambiamento della trama del film che nel noir troverà i suoi punti cardine nel tema della congiura, del tradimento, dell’amore e del sesso, dell’omicidio e del delitto perfetto e di cui il gangster diverrà solo una comparsa all’inizio per sparire completamente in seguito, e quindi all’inversione del ruolo di protagonista ora assegnato al detective privato o all’agente segreto, avremo anche un sostanziale cambiamento nella messa in scena vera e propria.
Capitolo 1 La città e il gangster. Contraddizioni e dualismo.
In questo capitolo analizzeremo le contraddizioni più evidenti della società americana, prima fra tutte quella sociale legata a uno squilibrio interno del paese, che da una parte offre ogni possibilità di raggiungere il successo, la fama, il potere (The American Dream) e dall’altra ci prospetta la visione di una società senza classi, del tutto democratica. Durante gli anni Venti negli Stati Uniti si verifica una straordinaria crescita finanziaria e speculativa, accompagnata tuttavia da un forte indebitamento degli agricoltori, esposti alla concorrenza europea dopo la ripresa postbellica. La Germania, già scossa dall’inflazione dei primi anni Venti, doveva affrontare il problema del pagamento delle riparazioni di guerra, in gran parte finanziato dai prestiti delle banche americane. In Gran Bretagna perdurava un cronico stato di agitazioni sociali, culminato nello sciopero generale del 1926. Il Gangster movie si sviluppa nell’America degli anni trenta. Quegli anni sono caratterizzati dalla cosiddetta “Grande Depressione”, la crisi economica mondiale che segue il Crollo della Borsa di Wall Street nell’ottobre del 1929 a New York. Le cause del fenomeno, che si protrasse fino all’inizio della seconda guerra mondiale, furono molteplici. La brusca caduta delle quotazioni azionarie di Wall Street del 1929 provocò una serie di reazioni a catena. Le banche statunitensi cominciarono ad esigere la restituzione dei prestiti esteri, mentre clienti sempre più numerosi cominciavano a ritirare i loro depositi, provocando così il collasso di molti istituti di credito. La mancanza di liquidità comportò una drastica riduzione degli investimenti nell’industria e una contrazione della domanda di prodotti industriali e agricoli. Ciò indusse un’ulteriore abbassamento delle ricchezze del mercato creditizio, tanto che nel 1932 gran parte delle banche degli Stati Uniti erano fallite.
La spirale della crisi portò con sé una disoccupazione di massa senza precedenti: quattordici milioni di disoccupati negli Stati Uniti, sei in Germania, tre in Gran Bretagna, mentre in Italia, dalle 300.000 unità del 1929, si passò al milione di disoccupati del 1933. In Australia il tasso di disoccupazione raggiunse livelli record. Un po’ ovunque si ebbe anche un peggioramento del tenore di vita medio. In Gran Bretagna, fino alla metà degli anni Trenta, circa un quinto della popolazione aveva un reddito inferiore al minimo delle necessità; nelle zone più depresse del paese ciò diede origine alle cosiddette marce contro la fame, come il memorabile corteo di disoccupati che nel 1936 sfilò da Jarrow, nel nord-est dell’Inghilterra, fino a Londra. In Inghilterra l’uscita dalla recessione fu accompagnata da politiche protezionistiche e di intervento statale nell’economia.
Negli Stati Uniti la depressione economica cambia tangibilmente il volto delle metropoli: fra il 1930 e il 1932 tutte le grandi città tagliano, per mancanza di fondi, i sussidi per i disoccupati che data la situazione aumentarono vertiginosamente. Lunghissime file di persone ogni giorno popolavano le entrate dei centri di accoglienza e delle associazioni religiose in attesa di un piatto caldo; nelle periferie, sulle sponde dei fiumi e perfino nel Central Park di New York, sorgono spontaneamente centinaia di baraccopoli, le «Hooverville», le città - Hoover. L’elezione nel 1933 di Franklin Delano Roosevelt alla presidenza, che conservò fino al 1945, coincide con l’avvio del New Deal, un piano di riforme economiche e sociali promosso allo scopo di risollevare il Paese dalla grande depressione[9]. I mutamenti sociali di quegli anni rendono manifesta una vera necessità di “successo”[10], vale a dire un bisogno quasi imperioso di dimostrarsi al di sopra degli altri, seguito dal timore che tali aspettative possano non realizzarsi. Questo “sentire” collettivo trova espressione nel cinema americano di quel periodo con la rappresentazione di un grigio conflitto di classe, per diversi aspetti molto più prudente del genere rivoluzionario del primo cinema russo[11], ma di uguale importanza. I conflitti di classe vengono rappresentati in chiave realistica, anche se addolciti o diluiti in soluzione melodrammatiche, e si risolvono sempre con l’uccisione o la condanna del mostruoso emblema dei capitalisti: il gangster[12]. Questo processo viene rappresentato in un clima violento e insicuro. La violenza è uno dei piaceri più sottili del genere che spesso è stato accusato dalla critica di enfatizzare certe brutalità a fini speculativi, sebbene necessarie al tipo di soggetto trattato. A contribuire, insieme con la violenza, agli aspetti che rendono questi film così realistici ci sono inoltre reali fatti di cronaca nera che vengono descritti e denunciati. Questo genere cinematografico si sviluppa come una rappresentazione adatta al consumo di massa e diviene un mezzo di comunicazione assai efficace. Il gangster viene visto come espressione sintetica di una serie di problemi che caratterizzano la cultura americana nei primi decenni del secolo: il forte processo di urbanizzazione, il mito controverso della metropoli come minaccia e promessa, la trasformazione dell’industria, l’evoluzione dei singoli gruppi etnici, l’esplosione del consumismo e la più larga disponibilità di beni di prestigio. Il gangster rappresenta al tempo stesso il fascino e l’orrore della nuova America metropolitana, oltre a dimostrare in termini estremi come sia possibile abbattere le barriere di classe e di etnia, imprimendo un ritmo iperdinamico e paradossale al sogno americano[13]. Il microcosmo di cui stiamo parlando cresce nell’ombra ed è invisibile agli occhi dei cittadini, ha un aspetto e una struttura parainfernali e tutto ruota intorno al luogo dove questa organizzazione si insinua, si sviluppa, si stabilizza: la città.
L’evoluzione del cinema e della città nel panorama sociale e culturale americano procedono sostanzialmente di pari passo. Lo skyline urbano di una della metropoli più rappresentative dell’America, New York, prende forma nel 1902, anno in cui viene realizzato il primo grattacielo moderno: il Flatiron Building[14] e nel 1931, altra data importante che corrisponde alla costruzione dell’ Empire State Building. In questi anni tutte le città più importanti del Paese si dotano di grattacieli capaci di rappresentare con orgogliosa consapevolezza il proprio ruolo. Il grattacielo diviene dunque un emblema della potenza urbana e nello stesso tempo un tratto descrittivo che differenzia la metropoli dalle province rurali. Per molti questo simbolo esprime una sorta di richiamo ad aderire alla vita frenetica della metropoli e a far proprio lo stile di vita dell’ascesa sociale che la sua struttura verticale incarna in modo cosi significativo[15]. Nel film gangster molto raramente viene affidato alla città un ruolo neutrale o assente: essa è presentata come un ambiente virulento e pericoloso. La città viene intesa, all’interno delle tematiche gangster, come elemento contrapposto al villaggio, alla campagna, alla “small town”. La maggior parte di questi film, infatti, descriverà storie di personaggi che arrivano dai piccoli paesi decisi a trovare nella grande città le opportunità che il villaggio ha loro negato e quindi dovranno affrontare l’inevitabile confronto fra lo stile di vita metropolitano e quello rurale - provinciale. Il paese natale, lasciato frettolosamente per rincorrere il sogno offerto dalla metropoli diviene, spesso, oggetto di rivalutazione che non ha il sapore della resa ma della consapevolezza. Per comprendere meglio il ruolo che la grande città ha avuto nei confronto alle “small town” sarà opportuno citare uno dei più importanti sociologi di Chicago, Robert Park:
L’attrattiva della metropoli è tuttavia determinata, in parte, dal fatto che a lungo andare ogni individuo trova, fra le varie manifestazioni della vita urbana, il tipo d’ambiente nel quale evolversi e sentirsi a proprio agio; trova, in breve, il clima morale nel quale la sua particolare natura riceve gli stimoli che portano le sue disposizioni naturali ad una espressione piena e libera. Nella piccola comunità è l’uomo normale, L’uomo non eccentrico e non geniale, ad avere, a quanto sembra, le maggiori possibilità di successo. La piccola comunità spesso tollera la stravaganza, mentre la città, al contrario, la gratifica. Né il criminale, né il genio hanno opportunità di sviluppare la propria disposizione naturale in una piccola città, mentre nella grande città questa opportunità la trovano sempre.[16]
In film come Nemico Pubblico o Scarface vi è una precisa contrapposizione tra l’ambiente originario del gangster, una famiglia proletaria, e l’ambiente raffinato in cui il gangster vive, una residenza di lusso dove passa i suoi giorni in solitudine o, a volte, in compagnia di una donna dai facili costumi (spesso sottratta ad un altro boss della malavita). È proprio su queste basi che il cinema americano descrive il “criminale” e il suo tentativo di trarre vantaggio dal clima morale presente nelle città. Proprio perché estremamente rapido nel salire i gradini della gerarchia economica, il gangster non ha mai modo ne tempo di mettere radici, di darsi un identità sociale solida. Questo sancisce la sua solitudine, la sua vulnerabilità emotiva ed agevola il compito di chi, poliziotti o altri criminali, lo vuole eliminare. Inoltre la metropoli stessa contribuisce ad isolare l’individuo, a maggior ragione l’individuo gangster, alienandolo dai suoi simili e precludendogli la possibilità di instaurare rapporti validi e duraturi; questo meccanismo, tipicamente metropolitano, favorisce la competitività e dunque la necessità di prevalere sul prossimo più che di conoscerlo. Segregato nella sua fortezza di lusso, o fra le mura del luogo in cui si riunisce con la sua gang, il gangster si sente al sicuro, fantasticando di essere un uomo libero di potersi aggirare fra le strade della città che si estende ai suoi piedi, ma conducendo in realtà una vita che è quasi una prigionia.
I conflitti affrontati da questo eroe tragico sono essenzialmente di due tipi: da un lato il conflitto fra le gang avversarie per il potere della città, dall’altro un conflitto di tipo privato che si svolge fra i componenti stessi della gang. In ogni caso la metropoli, il suo fascino, i rapporti che il gangster instaura con gli altri personaggi si dimostrano essere strade segnate da un destino irreversibile: la sua morte. Questa visione della città come “trappola” è tipica del gangster movie che si differenzia anche per questo dal genere del western classico che, come fa notare Jack Shadoian[17], ha una diversa collocazione spaziale (prateria-città) prima che geografica (west - northeast). Le opere western sono solitamente ambientate nell'ovest americano del XIX secolo, tra la guerra di secessione che insanguinò il paese (1861 - 1865) e la fine del secolo. Il western sfrutta pochi semplici elementi per creare racconti moralistici, di solito ambientati tra i più spettacolari panorami d'America; in alcuni film gli scenari assumono la stessa importanza dei personaggi o della vicenda.
A differenza del genere gangsteristico, nel western il mondo e la società sono in una fase che può dirsi evolutiva e allora è facile muoversi attraverso le frontiere, fermarsi e ripartire, attraversare interi stati, fuggire. Questa caratteristica andrà tuttavia perdendosi nei western crepuscolari fin quasi a raggiungere gli spazi ristretti e talvolta soffocanti tipici del gangster movie.[18]
1.1 Piccolo Cesare
William Riley Burnett scrive Piccolo Cesare nel 1928 e nel 1931 Mervyn Le Roy dirige il film ad appena un anno dalla realizzazione di Le notti di Chicago di Josef Von Sternberg. Il gangster, dal punto di vista di Burnett, è una figura tragica e imponente che molto si discosta dal protagonista romantico, impulsivo e coraggioso immaginato da Sternberg.
Infatti Rico (E. G. Robinson), il protagonista, ha l’ossessiva determinazione dell’uomo che si sente votato al successo, ma possiede anche una fredda indifferenza per il delitto, cosa che lo avvicina maggiormente ai veri criminali dell’epoca.
In questo film, che ben esemplifica il clima di angoscia e di paura, ci sono tutti elementi che contribuirono alla diffusione del gangster movie: la trasformazione urbana dell’America post-bellica, il diciottesimo emendamento della Costituzione che introdusse il proibizionismo (1919-1933), la Depressione, la contiguità che ne derivò fra mondo legale e malavita, il ricorrere, nei film dell’epoca, ad avvenimenti realmente accaduti, la simpatia strisciante per i contrabbandieri di alcool[19].
Nelle prime inquadrature del film ci vengono mostrati i due personaggi principali, Enrico ”Rico” Bandello e Joe Massara (D. Faibanks Jr.) mentre si apprestano ad ordinare da mangiare in una tavola calda.
Rico: La malavita rende omaggio a Diamond Pete Montana. Vedi, lui non perde tempo ad uccidere i benzinai, lui è qualcuno, sta in una metropoli, fa le cose in grande stile, invece guarda noi, siamo due nullità, nessuno Joe: E’ questo che vuoi Rico? Che i giornali pubblichino una tua foto per una festa in tuo onore? Rico: Pensa: Cesare Rico Bandello onorato dai suoi amici. Potrei fare tutto quello che fa lui, e molto di più…che cosa c’è d’aver paura? Se mi trovo alle strette mi tiro fuori sparando, prima spari e poi discuti. Joe: Già, hai ragione, ci sono dei quattrini nelle grandi città, donne, divertimenti.. ah…che vestiti mi farei fare, poi smetterei però. Tornerei a ballare come facevo prima di conoscerti, lo sai che non sono fatto per questa vita .… Ballare …. ecco cosa mi piace. Rico: Ah, ballare, che scemenze da femminuccia. Filiamocela da questo paese, e andiamo a Chicago dove le cose si fanno in grande.
Rico è deciso, freddo e ha le idee ben chiare, il suo più grande desiderio è quello di raggiungere la grande metropoli per realizzare il suo “sogno americano”[20] basato sul binomio potere-successo rappresentato in questa scena dal volto sorridente di Pete Montana stampato sulla prima pagina del quotidiano che Rico sta leggendo. Il suo desiderio più grande è di raggiungere un alto livello di notorietà, a qualsiasi prezzo.
Joe rappresenta invece l’uomo travolto dal periodo storico, che si ritrova a rubare ed uccidere a causa della grande povertà che lo circonda, ma ciò che desidera è diventare un ballerino famoso.
Arrivati in città, questa si mostra subito ai loro occhi come il luogo ideale dove poter realizzare i propri desideri; questa impressione di Rico, appena giunto a Chicago dall’Ohio, è ben descritta da William Riley Burnett[21] che evidenzia quanto sia solo apparente il paradosso di una città sporca, chiassosa, volgare, eppure percepita dai protagonisti come quel che serve. Rico entra a far parte di una banda di cui molto presto diventerà il boss, mentre Joe intraprende la carriera di ballerino in un locale conosciuto della città: ”Il pavone d’oro”.
Mentre l’ascesa di Rico si avvia presto ad essere irresistibile, Joe appare soddisfatto della carriera fatta e del rapporto amoroso costruito con Olga, la sua compagna di ballo. Questo appagamento lo porta alla decisione di prendere le distanze dagli “affari”. Ad incoraggiare il divaricarsi della visione anche etica del mondo da parte dei protagonisti, osserviamo alcune differenze importanti anche dal punto di vista fisico e caratteriale.
Joe è un uomo affascinante, educato ed elegante; il suo aspetto è atletico e curato, la sua vita affettiva è realizzata. Mentre Rico è arrogante, sgraziato e la sua corporatura tarchiata gli conferisce il soprannome di “Piccolo” Cesare. Joe Massara è legato al sanguinario compagno dalle origini etniche e sociali ed è tentato dalla strada del crimine, ma riesce a scegliere la strada dell’affermazione sociale nei limiti della legalità.
Rispetto a Rico il personaggio di Joe Massara rimane sempre in secondo piano, conduce una vita modesta nel cercare l’affermazione del suo personale sogno. La sua esistenza è incessantemente ostacolata dall’ostinazione di Rico che lo vorrebbe al suo fianco nelle attività criminali. Molto spesso Joe mostrerà la sua angoscia riferita alla consapevolezza di non poter abbandonare la gang.
Nella scena in cui Olga viene a scoprire l’interesse che Joe ha per un colpo che la banda sta organizzando al “Pavone d’oro”, Joe risponde titubante:
Joe: Olga, la banda non si lascia, non si può lasciare.
L’assassinio di Tony ben rappresenta la brutalità e l’efferatezza di Rico nei confronti di chi decide di lasciare gli “affari” per porsi come potenziale nemico o collaboratore di giustizia. Tony è un personaggio debole e insicuro che, preoccupato per l’incolumità della propria vita, decide di distaccarsi dal gruppo. La scena che lo ritrae nella sua casa natale è colma di nostalgia:
Madre di Tony: Ti ricordi quando cantavi in chiesa con il prete?
Nelle parole materne Tony ritrova la dolcezza e la protezione di un ambiente familiare; deciso a tornare a quelle spensierate origini, si dirige verso la chiesa per cercare il vecchio parroco, mosso da un’inconscia speranza di redenzione. Rico e il suo braccio destro, Otero, venuti a conoscenza della decisione di Tony lo uccidono senza pietà sui gradini della chiesa. Quel corpo esanime è la testimonianza della dissacrazione del valore della vita e dell’amicizia.
La scena del banchetto subito dopo quella dell’assassinio di Tony enfatizza il nucleo centrale del gangster movie: il malvivente utilizza senza remore ogni mezzo pur di raggiungere il proprio scopo. Le parole pronunciate da Rico durante il banchetto sono poche e confuse, la sua ignoranza appare evidente nel discorso vuoto e privo di significati al quale gli ospiti applaudono meccanicamente e non perché mossi da ammirazione. Il suo eloquio è frequentemente comico e caratterizzato da spunti ironici riduttivi.[22]
La sua vanità rasenta il ridicolo quando il fotografo gli chiede di mettersi in posa, e successivamente quando acquista dieci copie del giornale che lo ritrae in prima pagina. Sfuggito ad un attentato decide di richiamare a sé Joe Massara che però non si fa impressionare dallo sfoggio di lusso di cui Rico si circonda, rimanendo impassibile di fronte alle pur allettanti possibilità di ricchezza che avrebbe ottenuto diventando il suo braccio destro.
Joe aveva assistito a molti delitti commessi dal boss e dunque l’insistenza con cui Rico lo vuole ancora con sé si trasforma presto in una minaccia che induce Massara a lasciare l’appartamento e pensare alla fuga. Joe è sicuro che Rico lo sta inseguendo. Una volta giunto a casa la moglie Olga si decide a chiamare la polizia: troppo tardi. Infatti Rico e Otero irrompono nell’appartamento con negli occhi la certezza che solo uccidendo Joe saranno al sicuro.
Un’inquadratura di primo piano mostra Rico che si avvicina lentamente a Joe con una pistola puntata: il suo sguardo deciso improvvisamente diventa insicuro, si riempie di lacrime, non riesce ad uccidere l’amico e al suono della sirene scappa con Otero.
Otero: Sei diventato un tenero anche tu, dovevi sparare. Rico: Si hai ragione, avrei dovuto farli fuori tutti e due, così imparo ad affezionarmi a qualcuno.
Il motivo della sua caduta sarà questa debolezza, questo sentimento di amicizia che gli impedisce di sparare. I due gangster corrono fra i vicoli della città, nell’ombra della notte mentre le pattuglie li inseguono. La banda viene sgominata, di Rico non si ha più traccia, mentre appare una didascalia:
Passarono dei mesi, la carriera di Rico era stata come una meteora……ed egli è ritornato nelle fogne dalle quali proveniva.
Rico è tornato alle origini, sporco, ingrassato, con abiti strappati e senza forma, quasi irriconoscibile, disteso su una branda del dormitorio pubblico. Piccolo Cesare era finito, di lui non rimane più nulla salvo il suo orgoglio ferito[23]. Accanto a lui tre uomini leggono il giornale:
Primo uomo: Rico è sparito, un bel vigliacco, quando doveva dimostrare di essere uomo ha girato i tacchi ed è scappato Secondo uomo: Beh anche io la penso così, uno che non sa affrontare i pericoli è un vero vigliacco
In un impeto di rabbia Rico si alza dalla branda per strappare quel giornale e quindi corre al telefono pubblico per chiamare il poliziotto che si era occupato del caso, lo rimprovera per aver rilasciato dichiarazioni che lo fanno apparire come un perdente e un codardo. Preso dal desiderio di riscattarsi, Rico si dimentica di essere un ricercato e infatti la chiamata viene rintracciata.
Poliziotto: Sapevo che stuzzicandolo un po’ sarebbe venuto fuori.
Rico nel finale cammina in una strada buia; le scene metropolitane di Piccolo Cesare sono sempre notturne e non determinano uno spazio preciso come un bar o un parcheggio, ma servono a rafforzare l’immagine di città intesa come un labirinto di pietra, costituito da vicoli e tranelli.
Emblematicamente la morte di Rico avviene ai piedi di un cartellone pubblicitario che ritrae i visi sorridenti di Olga e Joe, ormai ballerini di grido. In questa scena Mervyn Le Roy ha voluto racchiudere in un’immagine la diversa visione della vita e del successo che ha determinato i destini dei protagonisti. Un’icona consegnata ad un pubblico che in quei tempi difficili ha necessità di certezze.
Il cartellone infatti domina lo schermo, sia per grandezza che per luminosità ed il contrasto con la notte che tutt’intorno avvolge Rico è volutamente netto. Il successo dei due ballerini va in scena con lo stravagante titolo Tipsy, topsy, turvy (ebbro, confuso, rovesciato), tre aggettivi che sono un’interpretazione delle alterne fortune di Rico e che più in generale rappresentano l’imprevedibilità della vita.
Rico: Madre misericordia, è questa la fine di Rico?
La figura di Rico non veste i panni classici del personaggio “gangster”. Questo “boss della malavita” di Chicago non ostenta bramosia di vivere, compiacimento dei beni materiali. Rico non appare eccessivamente vitale, non vive ogni giorno come fosse l’ultimo, non beve alcolici e rinuncia alla compagnia femminile, non dimostra di essere un uomo felice del suo ruolo se non in quei momenti che vedono la sua vanità soddisfatta[24].
Questo modo asciutto di perseguire il potere, la sua caparbia purezza, sono di certo qualità piene di vigore, ma non invidiabili né emulabili. Egli si impone una vita costellata di coercizioni, ma questa purezza, in tempi tanto duri, non suscita entusiasmo: l’uomo puro non è naturale, non nell’America degli anni trenta. Crede di essere importante, ma la continua ostentazione di superiorità è il segno di malcelate insicurezze. La sola persona che crede in lui senza riserve è Otero, un adorante segretario-valletto che alimenta le illusioni di Rico.
Questo rapporto fra Rico e Otero viene definito da Fran Mason con il termine di “homo-eroticism”.
La relazione che si instaura fra Rico e Joe ricorda per molti aspetti quella di una coppia messa in crisi dal rapporto di Joe con il nuovo partner Olga; la relazione fra Rico e Joe è comunque meno implicitamente erotica di quella che emerge fra Rico e Otero che raggiunge il suo climax nella scena in cui Otero si sdraia nel letto vicino a Rico adulandolo per la sue imprese. [25]
La goffaggine di Rico, insieme al suo temperamento tragicomico, portano allo scoperto l’impronta classista del film. Pur avendo raggiunto l’apice del successo, Rico è lo stesso ignorante semianalfabeta che giunse dall’Ohio e mai avrebbe potuto aspirare a quelle qualità che il danaro accumulato non può comprare: buon gusto, cultura, pensiero raffinato, belle maniere.
Anche la sua banda è presentata come un gruppo di comici e burattini: quindi esserne a capo non conferisce particolare autorevolezza. La storia di Rico serva dunque da monito alle minoranze che aspirano alla scalata sociale. Il modo in cui si conclude Piccolo Cesare infrange anche le residue aspirazioni dei diseredati che frequentano in quei tempi le sale cinematografiche.
Quando il ritornello della musica d’apertura ritorna per concludere il film, assume il carattere di una marcia funebre, come a rappresentare un’aggressività oramai placata che restituisce le strade e i vicoli della città alla quiete della notte. Quello che giace privo di vita non è il corpo del gangster, ma il suo percorrere lo spazio-città come in un sogno aberrante.
1.2 Scarface
Scarface (1932), diretto da Howard Winchester Hawks è prodotto dallo stesso regista in collaborazione con il miliardario americano Howard Hughes per la Caddo Company. Fin dagli inizi Hawks fu influenzato da grandi personalità come David Griffith.[26] Pur discostandosi dalla depravazione della gente di Yoknapatawpha[27] e dall' idealismo e dal melodramma delle eroine di Griffith, Hawks non manca di cogliere quanto di amaro e non raramente duro caratterizza la società americana del tempo. Non per questo Hawks può essere tacciato di antiamericanismo, al contrario, i suoi personaggi sono sovente icone della faccia bella dell’America, esaltazione dell'amicizia virile e del coraggio, dei veri atti di fede nei valori della democrazia e dell’orgoglio nazionale. Fu uno di quei registi di "genere" che contribuì a edificare la complessa struttura del cinema di Hollywood. Senza mai esagerare, mimetizzato fra le convenzioni di quel cinema popolare, dipinge, film dopo film, un affresco sul costume e sull'ideologia della società americana; si può ben dire che dalla sua eterogenea produzione emerge l’idea di una nazione compatta. Maestro del film bellico quanto del musical, del film d'avventura quanto del giallo, del film di gangster quanto del western, Hawks passò in rassegna tutti gli aspetti della vita americana degli ultimi due secoli, dalla pace alla guerra, dalla città alla campagna, dall'ottocento agli anni ruggenti, dalla violenza all'amore, dal mondo del business a quello dello spettacolo, dall'adolescenza alla senilità.[28]
I suoi film si caratterizzano per i delicati tocchi di umorismo, di inquietudine esistenziale e di misoginia, e la figura di eroe che prende forma nei suoi film non è un superuomo trionfante, ma un professionista serio che compie il proprio dovere con tenacia e dignità. Il protagonista, calato nella crudele società americana, schiacciato da un potere smisurato, diventa il testimone di tutte le contraddizioni. Hawks è un critico acuto e severo del sistema, anche se spesso affiora la sua visione bonaria e compiaciuta dell'America.
L'eroe anonimo dei suoi film è una trasposizione di se stesso: regista di grande levatura, pioniere di tecniche cinematografiche che saranno il pane delle generazioni successive, degno continuatore dell'opera di Griffith, eppure confuso con la massa amorfa degli impiegati di Hollywood. Il suo stile asciutto, sempre avulso da velleità artistiche, volutamente castigato, quasi documentaristico, impresse un segno inconfondibile a tutti i generi. Nel corso di un’intervista rivelò egli stesso il suo segreto: "prendo una grossa situazione e la svolgo in sordina". Riprendeva l'azione da angolazioni naturali, mimetizzava il montaggio, sceglieva sempre il tipo di narrazione più immediata (niente ellissi, niente flashback), privilegiava l'azione e il dialogo. I film di Hawks ritraggono oggettivamente il volto dell'America: la frenesia dei dialoghi (soprattutto nelle commedie), i riferimenti alla velocità (gli aerei e le auto da corsa), i cambiamenti repentini di situazione, riproducono il dinamismo esasperato del progresso; il cinismo, la violenza, la disumanizzazione, l'egocentrismo, la spregiudicatezza, l'ambizione dei suoi eroi ritraggono l'arrivismo dell'americano. Questo film a detta del regista fu il suo preferito, in quanto la produzione era indipendente, realizzata insieme a Howard Hughes al di fuori dell’industria Hollywoodiana, prendendo in affitto un vecchio studio e lanciando attori ancora sconosciuti. Come scrive Renato Venturelli:
Nell’intervista a Bogdanovich, il regista ricorda altri due elementi fondamentali. Il primo è la dose eccezionale di violenza (“Fu molto più violento di qualunque altro film di quei tempi”). L’altro è il tono con cui vengono raccontate le imprese di Tony Camonte:” lo facevamo in modo diverso-dice Hawks- come per scherzo. Ci tenemmo tutto il fervore per le scene private, mentre il resto veniva fatto senza mostrare alcuna partecipazione emotiva, anche nella situazione più pesante mantenevo sempre un approccio semi-comico[29].
Scarface decreta l’inizio della collaborazione tra Hawks e Ben Hecht[30], che diventerà il suo sceneggiatore prediletto, con cui realizzerà altri cinque film. Alla stesura del copione di Scarface collaborano anche diversi scrittori, fra cui F.D.Pasley, biografo di Capone e W.R.Burnett. Hecht, nella stesura del soggetto, procede attraverso tre direzioni, rielaborando motivi già inseriti in un precedente film diretto da Josef Von Sternberg, Le notti di Chicago: a) l’insegna luminosa che alimenta e incarna le ambizioni del gangster; b) il tema della ragazza che si innamora del braccio destro del boss; c) l’assedio finale della polizia in una casa protetta come una fortezza. La notti di Chicago, come accennato nel paragrafo precedente, è considerato il vero precursore del gangster movie, destinato a svilupparsi negli anni successivi. Rimane legato, per molti aspetti, alla visione romantica e sentimentale del gangster dell’epoca del muto, ma contiene motivi di grande forza innovativa. Gli spettatori dell’epoca furono colpiti principalmente dalla violenza del film, dall’energia volgare e spavalda del suo protagonista e dal romantico finale, in cui Bull Weed (George Bancroft) sacrifica la sua vita per amore.
Hecht in Scarface abbandonerà il romanticismo e le iperboli stilistiche di Sternberg per trovare il suo corrispettivo ideale nell’asciutta energia di Hawks. Scarface è una sorta di documento che descrive le vicende che avevano caratterizzato, nel decennio precedente, il dominio incontrastato della malavita americana nelle grandi città.
I fatti descritti nel film, dal massacro di San Valentino, alle uccisioni di “Big Jim” Colosimo, all’assasinio nell’ospedale di Legs Dimond[31], si ispirano alla cronaca di pochi anni addietro. In questo suo lavoro Hawks attinge a situazioni del gangster movies che sono già dei clichet: la vacanza in Florida del boss, che al suo ritorno dovrà fronteggiare situazioni sgradite, è già presente in Doorway to hell; l’insofferenza del protagonista nei confronti del suo capo e l’attentato che questi organizza per contrastare l’ascesa del nuovo arrivato, tema che ricorre in The Secret Six (Il segreto dei sei, 1931, di G.W.Hill); il braccio destro del Gangster che viene ucciso dal compagno è il tema principale di Quick Millions ( Soldi facili, 1931, di R.Brown)[32]. Scarface è un film di successo, in parte dovuto agli attacchi della censura, fatto questo che incuriosisce il pubblico, e in parte per l’intervento, durante le riprese, di Al Capone in persona.
Il gangster seppe che fra gli sceneggiatori del film figurava anche il suo biografo, Fred Pasley, per questo inviò sul set alcuni uomini con il compito di informarlo sul contenuto delle riprese. Al Capone[33], in un’ intervista nel luglio del 1931, espresse il suo disgusto per il genere definendolo “Terrible kid stuff” (porcherie per ragazzini).
Tony Camonte (Paul Muni) viene presentato sin dall’inizio nei panni di un criminale sulla scena di un omicidio: il protagonista uccide il boss per il quale lavora come guardia del corpo, “Big Louis” Costillo (Harry J. Vejar). Il film si conclude con la morte di Cesca (Ann Dvorak), sorella di Tony.
Hawks mostra un’America dove il meccanismo innescato dalla smania di potere viene avviato da un gruppo di personaggi arretrati, intenti a contendersi il dominio sui propri simili con modalità primitive. Tony è attirato dal bagliore del lusso, Angelo, il suo segretario, non è in grado di compiere le mansioni più elementari, come rispondere al telefono, Rinaldo non va mai oltre il gioco di destrezza con le mani (getta monetine e le riprende al volo, ritaglia dei pezzetti di carta).
In virtù dei personaggi che presenta, Scarface configura la messa in scena di un conflitto del tutto animalesco, brutalmente concreto nelle premesse e negli esiti.
Il Gangster prende il comando di una città nella quale, però, non può vivere serenamente. La sua esistenza è legata a luoghi concepiti appositamente per garantirgli sicurezza; le uniche volte, infatti, in cui esce dai confini delle sue protezioni rischia la vita (nonostante l’uso di automobili con vetri corazzati, guardie del corpo, appartamenti con scuri in acciaio). Paradossalmente il suo successo nella malavita ha come rovescio della medaglia una vita vissuta in un rifugio sempre più nascosto.
Camonte rischia molto negli unici momenti in cui si libera dalle precauzioni: mentre accompagna a casa Cesca, subito dopo il loro litigio e nella scena finale in cui disarmato scende in strada. La strada è qui identificata come un luogo molto pericoloso per il gangster, un luogo dove è difficile muoversi, da attraversare velocemente e solo con automobili blindate.
Hawks veste il protagonista coi panni del guerriero urbano che si muove su un territorio ostile, che lo costringe, nella scena conclusiva, nella sua casa-bunker, una vera fortezza attrezzata per la sopravvivenza. Quando Tony mostra a Poppy, la donna che diventerà la sua compagna, tutti i sistemi di sicurezza di cui ha dotato la casa, lei guarda Tony con l’ammirazione che si riserva ai personaggi di grande spicco.
Tony: Guarda Poppy, roba di lusso. Scuri d’acciaio a tutte le finestre, un idea mia!
Ammirazione che si rivela decisiva nell’abbandono di Poppy alle avances di Tony, solo ora che ha la certezza di trovarsi di fronte a un uomo importante. In questa scena il gangster contempla la scritta pubblicitaria che si innalza possente di fronte alla finestra di casa: “The world is yours”(“il mondo è tuo”).
L’insegna appare in altre scene: la prima quando Tony e Poppy la osservano dalla casa di lei subito dopo l’uccisione di Lovo, ex compagno della donna. All’insegna è riservata anche l’ultima inquadratura del film, prima dei titoli di coda, dove un lungo piano sequenza la collega al cadavere di Camonte. In questa immagine è emblematica la contemporanea messa in scena del simbolo di un’ambizione e dei suoi tragici effetti.
A differenza degli anni ’10 e ’20, dove il malvivente urbano è ancora un discendente del fuorilegge di frontiera, e come tale ne replica molte caratteristiche, fra cui la dimestichezza a muoversi in grandi spazi aperti, il gangster degli anni ’30 si traduce principalmente nella capacità di sapersi muovere fra i vicoli bui e dispersivi della città, come vedremo più avanti in Nemico Pubblico.
Nei film gangster degli anni ’30 aumenta la dose di violenza e spietatezza rispetto alla cinematografia precedente che riservava al sentimento maggiori spazi (ad esempio in Notti di Chicago il protagonista si lascia catturare per permettere la fuga alla sua ex ragazza). Immediatamente dopo la rappresentazione nel film della strage di S.Valentino, il poliziotto a cui è affidato il caso dirà:
Poliziotto: giornalisti fanno di questa teppaglia dei semidei, cosa diventa Camonte sui giornali? Un eroe romantico, un campione sportivo. Passi ancora quando si trattava dei cattivi del vecchio West, che si battevano al sole, mano alla pistola, occhi negli occhi. Ma non questi vermi di città che sparano alle spalle della gente
La stampa dell’epoca contribuisce alla diffusione di un immagine “eroica” del gangster. In Scarface questo aspetto è denunciato nella sequenze che vedranno il capo della polizia recarsi nella sede di uno dei maggiori quotidiani del tempo condannando i giornalisti per la pubblicità fuori luogo che gratuitamente riservavano ai gangster.
Giornalista: Voi siete la polizia, fateli sparire, arrestateli e non avranno più la prima pagina
La soluzione che i vertici della polizia e della stampa valutano è di riformulare il sistema legislativo e prendere dei provvedimenti che possano limitare l’ascesa di questi potenti assassini. Si discute del problema riguardante le armi da fuoco e l’assenza di una legge che ne vieti la vendita. La presa di coscienza di una problematica insita al sistema logistico del paese viene proposta sin dall’inizio del film attraverso una didascalia:
Questo film è un atto di accusa contro il potere della mafia in America e l’incalzante indifferenza del governo nei confronti di questa crescente minaccia per la nostra sicurezza e libertà. Gli avvenimenti ritratti in questo film sono la fedele riproduzione di episodi reali allo scopo di chiedere al governo:come intendiamo reagire? È il tuo governo, come intendi reagire TU?
Hawks denuncia il crimine apertamente senza ricorrere ad espedienti metaforici, la morte del “suo” gangster deve risultare emblematica. Tony uccide il suo migliore amico, Rinaldo, per gelosia nei confronti di Cesca, decretando in questo modo il suo fallimento materiale e morale.
Tony: perché non mi hai sparato Cesca? Cesca: forse perché io sono te e tu sei me, io sono qui per combattere al tuo fianco Tony: Colpa mia, colpa tua, sei qui, è l’unica cosa che mi importa
Un ultimo lampo attraversa lo sguardo di Tony quando grida a Cesca quella stessa determinazione che aveva precedentemente condiviso con Poppy:
Tony: io e te Cesca, fregheremo tutto il mondo
Entusiasmo destinato a smorzarsi quando, durante la sparatoria, Cesca viene colpita.
L’idea da cui Hawks e Hecht partirono per il rapporto fra Tony e Cesca era di fare della famiglia Camonte una versione moderna dei Borgia. Con tanto di relazione vagamente incestuosa fra fratello e sorella.
Come fa notare anche Lloyd Hughes, il principale tema del film era:“The Borgias living in Chicago”( I Borgia a Chicago)[34]. Oltre alla carriera e alla vita di Tony, Hawks distrugge anche l’unica persona da lui realmente amata, mettendo il protagonista nella posizione di unico responsabile di tale misfatto. Nelle scene e soprattutto nei dialoghi finali il personaggio di Tony viene portato dal regista alla fine fisica non prima di averlo ucciso anche nell’anima.
Tony: Tu non puoi lasciarmi, non lasciarmi Cesca, io non sono niente senza te, ti prego resta. Cesca: Tu hai paura, Gino (Rinaldo) non ha avuto paura. Tu hai paura. Gino….Gino
Cesca muore, ma le sue ultime parole nei confronti del fratello sono di disprezzo per averlo visto preda della paura.
In un attimo Tony precipita nella solitudine e nella consapevolezze di aver perso tutto ciò cui teneva e si consegna spontaneamente alla polizia.
Inoltre sul finale il gangster si comporta da codardo nei confronti del poliziotto che lo sta ammanettando:
Tony: Non sparare, sii generoso Guarino, non sparare, ti prego, mi vedi, sto con le spalle al muro
Tenta una fuga disperata, ma viene giustiziato da una raffica di colpi sul marciapiede di fronte alla porta del suo palazzo. L’epilogo di Scarface è coerente con le scelte dei rapporti fra spazio e personaggio sviluppate nel film, fino alla scoperta tragica, da parte di Tony, che libertà e potere non possono coniugarsi in una vita di malaffare. Nel finale viene dato risalto scenico alla pistola con cui Tony viene giustiziato dai poliziotti, come ad evidenziare che la durezza che spesso sconfina nella brutalità non è, in quegli anni, appannaggio esclusivo dei gangster.
Nell’iconografia del film è caratteristica la presenza di un segno grafico, infatti la “X” è visibile tutte le volte che si sta per compiere un omicidio. Tony Camonte ha una cicatrice sul volto simile a una x, da qui il nome scelto per lui, Scarface, lo “sfregiato”. L’uso della “x” si presta a diverse letture, prima fra tutte quella data dallo stesso regista Hawks: disse che l’idea gli era venuta dalle fotografie sui luoghi dei delitti pubblicate dai giornali, che venivano accompagnate da una didascalia “ La x segnala il luogo dove è stato ritrovato il cadavere” [35].
Per raccontare la guerriglia urbana fra bande il regista ricorre principalmente a delle messe in scena veloci ed essenziali, determinate da un montaggio dinamico così da dare allo spettatore un resoconto efficace degli eventi che hanno caratterizzato la vita di Camonte.
La “X” viene utilizzata per segnare, proprio come facevano i giornali, i cadaveri cui possiamo dare un identità; grazie a questa tecnica non vediamo mai il cadavere ma solo il suo assassinio che viene mostrato attraverso delle ombre. Ad esempio nella scena del massacro di S. Valentino, o degli spari fuori campo nella scena in cui Angelo giustizia Lovo mentre la macchina da presa riprende solo Tony che se ne và.
Esauritasi la guerra fra gang Hawks riprende lo stile utilizzato per la scena iniziale del film, dove è visibile il cadavere di Costillo. Anche nelle ultime scene del film, e nelle ultime uccisioni, il corpo esamine tornerà ad essere visibile, come quello di Rinaldo sul quale Cesca piange e quello di Tony in primo piano. In queste sequenze le “X” hanno un’altra funzione. Gandini[36] la descrive:
Per coglierla è necessario osservare come la lettera, nelle suo due prime apparizioni, combaci con il corpo di Camonte: nella prima sequenza la sua ombra letteralmente si sovrappone a quella del segno, che riappare dal barbiere, sulla sua pelle, sotto forma di cicatrice. Da quel momento in poi, fino alla sequenza della morte di Rinaldo, la “X” non avrà più nulla a che fare né con Camonte né con coloro che gli sono vicino: coinciderà semplicemente con un elemento dell’arredo, o con un ombra proiettata in un ambiente abitato solo dai suoi nemici.
Nel finale Tony ritorna infatti ad essere una delle tante x, incognite, della città. Ora la “X” è presente davanti a lui, come davanti ad uno specchio, sulla porta dell’albergo di Rinaldo e Cesca e durante l’assedio finale. Le due linee narrative del film, quella gangsteristica e quella melodrammatica, pur seguendo direzioni opposte, si incontrano nel film Scarface come a formare esse stesse una simbolica “X” .
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1.3 Io sono un evaso
Il film gangster non fu il solo genere cinematografico a nascere dalle pagine dei giornali. Anche il film carcerario scaturì dalla cronaca, passando attraverso il filtro del teatro o della letteratura.
Dopo le rivolte nelle carceri di Auburn e Dannemora , alla fine degli anni venti, erano stati prodotti a Broadway diversi spettacoli sulle situazioni nelle prigioni americane. Il successo teatrale aprì le porte del cinema al film carcerario che nasce a partire dalla metà del 1930 quando viene distribuito The Big House (Carcere) diretto dal regista George W. Hill.
Hollywood si dimostrò meno interessata di Broadway alla denuncia delle condizioni disumane di vita dei carcerati[37]. Messi da parte gli intenti critici degli spettacoli teatrali, i film si concentrano sull’effetto che la carcerazione aveva sugli individui e il modo di reagire di ognuno. Un meccanismo a cui il cinema ricorre per bilanciare l’aspetto polemico di questo tipo di trama è l’introduzione di personaggi positivi all’interno delle istituzioni, di solito un direttore di carcere dalle idee progressiste o vagamente umanitarie. Mentre la trama di questi film trasformava problemi e conflitti sociali in casi particolari di singoli individui, il film mostrava potenti immagini di una realtà carceraria estesa e crudele. Nel film carcerario ci viene mostrata un'altra forma di “Nemico Pubblico”, una gang legalizzata che agisce ingiustamente e a sfavore del cittadino innocente. L’incapacità e l’ignoranza con cui le leggi vengono applicate provoca delle mutazioni dell’”io” che portano l’onesto cittadino a trasformare, in seguito alle ingiustizie ricevute, la sua intera esistenza. In questi film è descritto l’altro aspetto del gangster movie: mentre da una parte la società punta il dito contro il mostruoso personaggio gangster dall’altra ignora e dimentica i torti e le angherie commessi da un sistema legislativo corrotto.
Da un punto di vista iconografico l’ambientazione delle scene nella prigione favorì molto il lavoro degli scenografi i quali costruirono delle prigioni che riproducevano fedelmente i modelli di quelle reali: file di ballatoi che conducevano a celle anguste, cortili dominati da torri di sorveglianza, fabbriche malsane e oppressive. A questa immagine moderna della prigione si contrapponeva l’immagine antica della segreta: sotto i ballatoi si dipanano i cunicoli delle punizioni, le celle di isolamento, i soffitti bassi le luci artificiali: il buio. Le sbarre delle celle offrivano delle possibilità fotografiche che non furono tralasciate: i muri e i soffitti venivano solcati da ombre affilate e angoscianti. L’immagine del carcere come fortezza si è consolidata in modo che le case di produzione potessero sfruttare al meglio l’investimento fatto in scenografie e la ricerca per i nuovi effetti di luce.
I Am a Fugitive from a Chain Gang ( Io sono un evaso,1932) di Mervin Le Roy è basato sulla storia vera di Robert Elliot Burns, che venne ribattezzato James Allen, interpretato da Paul Muni, reduce dal ruolo di Tony Camonte in Scarface. Questo Jail - movie è un’opera che paga il debito verso una cultura americana che recide il giustizialismo per offrire al "pregiudicato" l'unica via d'accesso alla libertà, la scalata sociale (o il sogno americano). Con la conseguenza che Le Roy utilizza questo "compromesso" per liberarsene e sfruttarlo ancora di più nelle vesti di censore liberale dell’ingiustizia legislativa[38]. La storia di Allen-Burns è l’odissea di un innocente, un reduce di guerra in Europa che viene condannato ai lavori forzati per essere stato coinvolto nel furto di cinque dollari. Burns viene mandato in Georgia nella Chain Gangs, cioè il sistema di legare in gruppi i detenuti con lunghe catene fissate alle caviglie. La necessità di aderire a fatti reali di cronaca fece sì che Io sono un evaso presentasse un’immagine nuova della prigione, diversa da quella tipo fortezza che si era gia affermata. La prigione in cui viene spedito Burns somiglia ai fortini del west, strutture transitorie e sperdute nel nulla.
Infatti il peso della coercizione qui non è ribadito da mura incombenti ma dalla presenza di guardiani armati che urlano, picchiano, inveiscono e dalle catene che rendono goffi e tragicamente ridicoli i movimenti dei carcerati. In questo film fa la prima comparsa un modello di prigione alternativo e complementare a quello che si basa sull’immagine della fortezza - castello. I detenuti sono rinchiusi in baracche fatiscenti, tuguri in cui vengono ammazzati e dimenticati uomini abbrutiti[39]. La vita ai lavori forzati è presentata in chiave cruenta e realistica, un continuo lavorare senza sosta accompagnato da una estenuante sensazione di claustrofobia e impotenza. Burns decide di fuggire, di rischiare tutto per la propria libertà. Una volta riuscito a scappare, infatti, riesce a rifarsi una vita onesta e diviene un membro importante della comunità. Particolarmente "hollywoodiano", ma in linea con i tempi, la figura di una donna fatale e di facili costumi arriva a tradire il suo amante, e a consegnarlo alla polizia.
Sembra un clichè dell'epoca, magari misogino, ma non è casuale: i maggiori gangsters di Chicago furono all'epoca denunciati dalle loro amanti, in cambio di compensi e pubblicità. Burns arriva nella grande metropoli nei panni di un evaso e riesce, senza alcun appoggio, a concretizzare una scalata sociale che lo porterà ai vertici di un’importante azienda edile. La città si dimostra, in questo film, ancora come icona del luogo dove è possibile realizzare il proprio “sogno” e di come questo possa avverarsi, anche, attraverso la strada della legalità. Quando il suo passato è definitivamente scoperto Burns patteggia una lieve pena detentiva e si costituisce. Purtroppo la promessa di una breve detenzione assicurata dai suoi avvocati e dal sostegno della folla che lo reputa un onesto cittadino, si dimostra subito inesistente, così Burns è costretto a fuggire nuovamente.
Portato ad una metamorfosi l’unica alternativa che il paese, e le sue leggi, gli offre è quella di diventare un criminale. Nell’ultima scena Burns alle domande della donna amata su i modi in cui riusciva a sopravvivere essendo ricercato, risponde scivolando fra le tenebre: ”Rubo”. Il sistema giudiziario americano afferma di perseguire una lotta continua nei riguardi dei grandi boss delle città e allo stesso tempo costringe un innocente, che in quanto tale vuole essere libero, a diventare uno di quei criminali che tanto disdegna. .
Personaggi a duello: la disgregazione della famiglia
Il gangster movie esprime il meccanismo che si innesca quando un forte individualismo si impone con prepotenza in una società. L’ascesa e la caduta del gangster, la sua breve parabola che quasi invariabilmente si conclude con l’insuccesso e la morte, scaturisce più dal suo essere sottomesso all’imperativo del successo che dalle sue attività illegali. Dando voce a quella parte dell’immaginario americano che respinge le costrizioni della vita in società, il gangster non si cura delle “regole” del gruppo, divenendone una figura critica[40]. In questo genere i rapporti familiari sono sempre problematici, infatti il gangster metropolitano non contempla il senso di appartenenza a un nucleo familiare, ma si fa portatore di un dualismo impossibile: la famiglia naturale del gangster e il surrogato che la sostituisce, la gang.
2.1 Nemico Pubblico
Nemico Pubblico, diretto nel 1931 da William Wellman, è il film che più di altri decreta il successo dell’attore James Cagney, qui nella parte di Tom Powers. Piccolo Cesare e Nemico Pubblico sono stati prodotti quasi contemporaneamente dalla Warner pur esprimendo dinamiche opposte[41]. Il tragitto di Rico Bandello in Piccolo Cesare è quello di un uomo che affiora dal nulla e che trova la morte in una strada buia, chiuso nella sua solitudine e nel suo folle sogno di potere. Il Tom Powers di Nemico Pubblico viene invece seguito sin dagli anni dell’ infanzia nel quartiere, dalle prime imprese teppistiche fino all’ascesa malavitosa offertagli dal periodo proibizionistico, il film non a caso si conclude dove era iniziato, sulla soglia della sua casa natale. Mentre Rico vive essenzialmente nella sua casa ben protetta e la sua fragilità si mostra nel momento che si trova fuori, nelle strade della città (elemento tipico anche di Scarface), Tom trova la sua forza proprio in quelle stesse strade dove è cresciuto, nelle quali si muove con padronanza, e la perde, invece, tutte le volte che viene rinchiuso in un luogo-fortezza. Fran Mason a riguardo scrive:
Una della differenze fra Piccolo Cesare e Nemico pubblico sta proprio nel fatto che Rico vive al sicuro in casa e luoghi chiusi, mentre Tom trova la sua forze proprio sulla strada, questo è molto visibile nell’assassinio di Matt, che viene ucciso su un marciapiede mentre Tom rimane illeso.[42]
Gli sceneggiatori di Nemico Pubblico, Glasmon e Bright, erano in precedenza due cronisti che avevano osservato da vicino i volti e gli atteggiamenti dei gangster che spargevano il terrore nelle grandi città, scegliendo per questo film un attore che si avvicinasse il più possibile a tali caratteristiche. Per questa ragione la scelta di James Cagney dona a Tom Powers un’immagine molto realistica di gangster, particolarmente se paragonata a quella che E. G. Robinsons conferisce a Rico Bandello. Inoltre James Cagney attribuisce a Tom Powers un dinamismo tutto fisico, una sottile crudeltà e un’aggressività che sono caratterizzate da un’ingenuità animalesca e infantile: Tom è il ragazzaccio che sputa la birra sulla faccia del barista, spiaccica mezzo pompelmo sul viso della compagna[43], che accenna un passetto di danza quando riesce ad agganciare Jean Harlow. In gran parte di Nemico Pubblico c’è una vena di gaiezza, e questo accresce il coinvolgimento del pubblico con i personaggi (differentemente da Piccolo Cesare in cui l’umorismo gioca a sfavore dei personaggi). In Piccolo Cesare lo humor è “costruito”, mentre in Nemico Pubblico affiora inaspettatamente come caratteristica che James Cagney porta con se, la sua spontanea invenzione comica nella prima scena nel night, il suo audace giro per i viali della città a bordo della nuova convertibile, il furto della pistola sono felici momenti che Wellman coglie con briosa spensieratezza, preparando in questo modo il forte contrasto delle scene finali fra questa spensieratezza di Tom e il conto salato che la vita scelta alla fine gli presenta. In Tom Powers non c’è calcolo e ambizione, invece fortemente presenti in Rico[44].
Rico e Tom hanno due obiettivi simili ma controversi: il “sogno” di Rico appare immediatamente fuori portata e poco realistico, mentre Tom non ha grandi pretese, il suo è principalmente un voler vivere in modo intenso. Citando J. Shadoian:
La aspirazioni di Tom Powers affondano le loro radici nel suo desiderio e nella sua capacità di essere in una certa maniera, di esistere in modo intenso. Mettere in pratica quel desiderio liberamente e in pieno viola gli stessi codici sociali e morali violati dall’enorme ambizione di Rico e comporta le stesse conseguenze. I segni esteriori del suo successo sono rappresentati sbrigativamente, non osservati in modo esplicito come in Piccolo Cesare. Ciò che importa, ciò che fa presa, è la personale vitalità di Tom in un contesto d’inerzia, stolidità, esitazione, e tutto ciò può avere prospettive solo fuori le attività lecite[45].
Da questo punto di vista la parabola del gangster non interessa al regista tanto in chiave metaforica, quanto come puro dinamismo sociale. Questa vivacità è intesa come una grande forza individuale che spezza le gerarchie e le suddivisioni della società americana mettendone a nudo le ipocrisie: l’insensibilità di un padre violento (“Dove vuoi darmele oggi, sopra o sotto?”, dirà Tom riferendosi alle punizioni corporali che il padre gli infligge con una cintura di cuoio), l’ambiguità del fratello maggiore, il perbenismo del birraio che proclama di agire per il bene dei fabbricanti.
Sotto molti punti di vista Nemico Pubblico è un film molto più pericoloso per la morale corrente rispetto a Piccolo Cesare e non solo per il sinistro sex-appeal di Cagney. Nel film è chiaramente mostrato come il proibizionismo avesse portato ad un aumento esponenziale del crimine e a una integrazione tra bande criminali oltre le barriere etniche (ebrei con irlandesi), allo scopo di acquisire maggiore potere.
Secondo Shadoian, infatti, una delle scene più significative del film è quella in cui il regista Wellman ci presenta la vigilia del proibizionismo, quando la gente cerca freneticamente, quasi in preda alla follia, bevande alcoliche. L’ironia con cui il regista descrive questa situazione preannuncia il violento senso di minaccia e di confusione generale provocato dal proibizionismo[46].
Se è vero che in Piccolo Cesare il crimine ha una struttura più verticalizzata, bisogna però dire che si trattava di una struttura piramidale astratta, sfocata: non si capisce da dove provengano il potere e il denaro, da chi e come vengano gestiti. In Nemico Pubblico la legge è del tutto assente, non vediamo né poliziotti, né procuratori distrettuali, né giudici. Il crimine regna indisturbato e non è più una sinistra consorteria, come in Piccolo Cesare, ma una moderna organizzazione basata sulla produzione e l’imposizione violenta di un prodotto, la birra. Nemico Pubblico è incentrato sul tema della disgregazione della famiglia.
Abbiamo analizzato nel capitolo precedente le contraddizioni che caratterizzano lo spazio urbano dove il gangster agisce, ora ci occupiamo di uno spazio più intimo e personale, quello delle mura domestiche. A differenza di quanto avviene nello spazio metropolitano, all’interno del nucleo familiare i conflitti sono serrati e frequenti. I membri della famiglia, in questo caso due figli maschi, una madre, e un padre che apparirà solo nelle prima scene, vivono personalmente le vicissitudini della vita “criminale”.
Della figura paterna generalmente nel genere gangster non si fa riferimento se non qualche accenno al suo passato o alla sua morte in guerra; il padre è una figura d’intralcio: se vi fosse un personaggio maschile che discordasse con le scelte del gangster quest’ultimo sarebbe obbligato ad ucciderlo per diventare autonomo. Il padre rappresenta il passato, il vecchio mondo, tutto quanto il gangster vuole distruggere. Il rifiuto della figura del padre è presente in modo frequente nella cinematografia americana, è un espediente per dare il libero campo d’azione al personaggio principale; specialmente nel genere gangster l’assenza di questa figura maschile è funzionale a concretizzare il ruolo all’interno della famiglia del figlio maschio che sostituisce, nel settore economico, la figura del marito.
Una volta raggiunta la fama il gangster parteciperà alla vita familiare esclusivamente sottoforma di sostentatore e distributore di costosi beni materiali[47]. Questa circostanza la ritroviamo spesso in Scarface, Tony regala dei soldi alla sorella per farsi perdonare la sua assenza e cercare di tacitare la gelosia incestuosa che prova per lei. In Nemico Pubblico Tom assume il ruolo di sostentatore della famiglia, opponendosi alla figura del fratello onesto che, muovendosi nella legalità, guadagna molto meno.
La conflittualità domestica in Nemico Pubblico si concretizza nel rapporto fra Tom e il fratello maggiore, Mike (Donald Cook). Sono figure contrapposte, per scelte di vita e carattere, sono i due personaggi a duello, le due personalità agli antipodi che si muovono in uno spazio comune. Mike sarà per il protagonista il bersaglio su cui riversare il suo disprezzo, il suo odio implicitamente carico di invidia. Fin dalle prime scene del film Tom mostra un grande disdegno per le decisioni assunte dal fratello maggiore:
Tom: Lui è un perdente, va a scuola. Sta imparando l’arte di diventare povero.
In queste parole usate da Tom per descrivere il fratello al suo padrino, Putty Nose, è evidente un forte senso di inferiorità e di gelosia. Questi sentimenti sono ancora più visibili nella sequenza dove Mike decide di arruolarsi spontaneamente nei Marines il giorno in cui l’America entra in guerra.
Mom: Promettimi che non partirai, tu sei solo un bambino. Se tuo padre fosse ancora vivo non sarei così preoccupata Tom: No ma’, io non parto
Sale al piano di sopra dove Mike sta preparando le valige.
Tom: Allora Mike, un’altra bella occasione per fare bella figura, scommetto che vuoi chiedermi di arruolarmi con te Mike: Mah, veramente non proprio così, tu guadagni di più ed è giusto che rimani a badare a mamma. Tu ora sei l’uomo di casa, spero che riuscirai a stare a casa un po’ di più Tom: Io lavoro, lo sai no? Mike: Ero in un posto oggi e ho sentito qualcuno dire qualcosa … Ho sentito dei ragazzi che parlavano di te e Matt, dicevano che state facendo dei lavori sporchi. Ora hai un buon lavoro, non devi mischiarti con certa gentaglia, dei scappare da certa gente. Tom: Neanche tu sei così pulito.. sei solo un ladruncolo. sei solo un ladruncolo di nichelini sui tram.
La scelta di Mike contraddice la richiesta al fratello di passare più tempo in famiglia: sta infatti partendo per la guerra affidando la madre al fratello di cui sospetta attività illecite. Mike, disinteressandosi del suo impegno familiare, mette in primo piano meriti personali che non troverebbe nel luogo natale, mentre Tom è intrappolato in una patria che sta vivendo condizioni difficili. Mike evade in una terra straniera in difesa di astratti principi, mentre Tom resta per battaglie meno prestigiose in difesa della sopravvivenza economica.
Per ambedue i personaggi il desiderio di vincere le rispettive guerre sarà deleterio: le atrocità vissute durante il primo conflitto mondiale danneggeranno in modo irreversibile la psiche di Mike, mentre Tom morirà giovane ucciso da colpi d’arma da fuoco. Questi due personaggi rappresentano le scelte di vita cui si poteva aspirare nell’America della “Grande Guerra”. Mike riesce a resistere alla forza d’attrazione del crimine, in parte per caso, in parte per la sua forza di volontà.
La scelta di Wellman per la scuola serale e per il lavoro massacrante di Mike in un luogo dai guadagni facili è funzionale al rafforzamento del posto occupato in famiglia, al suo ruolo di padre sostitutivo e custode della dignità del nucleo familiare che rappresenta[48]. Il regista caratterizza fortemente con questo espediente la differenza fra i due personaggi, sottolineando il contrasto fra le diverse scelte sia morali che pratiche. La collera che Mike nutre verso Tom è alimentata dalla gelosia e da ragioni di ordine morale: gli fa le prediche e lo picchia, ma Tom non reagisce, impara a sopportare le punizioni, a subire umiliazioni.
Quando, nelle primissime scene del film, il padre percuote Tom fino a rompere la cintura di cuoio sulle sue natiche, questi frena urla e lacrime; è questo il modo in cui viene cresciuto e le circostanze che lo hanno reso duro e apparentemente insensibile. Il personaggio gangster riconosce la sua disonestà e cerca in tutti i modi di sentirsi meno diverso, ricercando quella stessa slealtà nella persone che gli stanno più vicino, in questo caso il fratello maggiore. Per questo motivo le accuse che Tom muove nei confronti di Mike per colpevolizzarlo di un piccolo furto allevia il peso della sua condizione[49].
Questa dinamica è espressa in modo chiaro al ritorno di Mike dalla guerra. Una volta tornato infatti è presto informato delle attività illegali di cui ormai il fratello minore è divenuto un esponente importante.
Mentre viene a conoscenza delle malefatte di Tom e del suo ruolo nel racket della birra, nella stanza accanto Tom e Matt preparano una tavolata di bentornato per Mike depositando al centro del tavolo un barile della “loro” birra. Il crimine è dunque entrato nelle mura domestiche, Mike lo comprende e reagisce di conseguenza.
Mike: Io non vi proibisco di bere, se volete fate pure, ma se io non voglio, non bevo… la berrei di certo se ci fosse solo birra li dentro, ma lo so cosa c’è. Come hai comprato i vestiti e le macchine nuove? Hai detto a mamma che fai politica… assassini! Non c’è solo birra li dentro, c’è birra e sangue, sangue umano! Tom: Neanche le tue mani sono pulite, tu hai ammazzato e con gusto! Non hai avuto quelle medaglie facendo carezze ai tedeschi
Tom accusa Mike di aver commesso i suoi stessi crimini, pur avendo scelto la via della legalità. Non importano le modalità con cui l’omicidio viene commesso, per Tom l’averlo perpetrato rende tutti degli assassini; è questa la dinamica con cui il gangster cerca di giustificare le sue colpe paragonandosi a chi gli sta accanto.
La discordia all’interno della famiglia è alimentata, oltre che dalle scelte personali dei singoli membri, anche da idee in contrasto sulla gestione del danaro. Tom riesce a diventare un personaggio rispettato nel mondo della malavita. Nel genere gangster questa posizione di rilievo viene spesso sottolineata con l’acquisto di un costoso abito di sartoria. Il gangsterismo è infatti l’anima malata, ma simmetrica, del capitalismo e come tale tende ad ostentare le ricchezze[50]. Tornando a casa Tom ha un dialogo con la madre riguardo la situazione di Mike.
Mom: Ho paura che Mike si stia scavando la fossa da solo. Di giorno sui tram, la sera a scuola, e ora anche lo studio
Mentre la madre sottolinea i sacrifici cui il figlio è sottoposto una volta tornato dalla guerra, Tom le regala dei soldi.
Mom: Non posso accettarli Tom, tuo fratello si arrabbierebbe molto Tom : Beh, Mike non ha voce in capitolo Mike: Di chi sono quei soldi? Mom: Me li ha dati tuo fratello, non è stato carino? Mike: Non abbiamo bisogno dei tuoi soldi, ci penso io alla mamma Tom: Ah, si, con un dollaro a settimana? Mike: Beh, non abbiamo bisogno di denaro, cosa pensi che mamma frequenti i night e beva birra? Mom: E cosa ne sai tu? Andavo a ballare quando ero ragazza Mike: Non vogliamo i tuoi soldi, sono sporchi di sangue Tom: Ti nascondi sotto le sottane di mamma Mike: Meglio che nascondersi dietro un mitra Tom: I soldi non hanno valore per me. Li straccia e se ne va.
La figura della signora Powers è ambigua, infatti prima finge di possedere un’etica che le impedisce di accettare denaro sporco, ma un istante dopo si dice felice di potersi permettere nuovamente alcune delle costose attività che la divertivano da giovane[51]. Durante il dibattito fra i fratelli Wellman evidenzia, in un primo piano con al centro il volto della madre, questo ruolo di donna opportunista che, pur comprendendo l’onestà di Mike, non disdegna il denaro di Tom. In secondo luogo ritroviamo il tema della sottile gelosia che i due fratelli nutrono l’uno per l’altro. Mike ha bisogno di quel denaro, sarebbe un sollievo, ma accettarlo vorrebbe dire minimizzare anni di duro e onesto lavoro, il suo rigore non gli permette di cedere. Tom accusa Mike di vivere “attaccato alle sottane della mamma” e non nasconde il disprezzo per il senso etico mostrato dal fratello, ma sa bene che la sua vita è priva di valori così radicati e al contempo colma di solitudine e limitazioni .
Il tema legato allo spreco del denaro, emblematico del gangster movie, è trattato in modo sostanzialmente diverso in Scarface dove diviene un fattore in grado di condizionare profondamente i rapporti fra i personaggi[52].
Tant’è che il rapporto Tony – Cesca - Rinaldo necessita dell’intermediazione del denaro per essere sostenibile: Tony dà dei soldi alla sorella per renderle accettabili le conseguenze della sua gelosia. Cesca e Rinaldo fanno di una semplice moneta una sorta di feticcio della reciproca attrazione, in particolare del desiderio della ragazza di darsi a Rinaldo. Desiderio frustrato che si sublima nello scambio della moneta: oggetto che tengono in pugno, che si può lasciare andare (lanciare) e riprendere quando si vuole. In quest’ottica singolare gli oggetti di lusso diventano strumenti di seduzione.
Nella prima visita a Lovo, il boss per cui lavora Tony e che presto eliminerà, l’ammirazione che Tony mostra di avere per Poppy è uguale all’ammirazione che ha per tutti i lussi che il suo amico possiede, dal suntuoso appartamento alla bellissima donna seduta davanti ad uno specchio in procinto di truccarsi. Infatti vedremo che riferirà il termine “expensive” (“costoso”) sia alla vestaglia di Johnny che alla ragazza: la posta in palio non è tanto il potere, ma tutti i beni materiali e umani di cui si può usufruire tramite il denaro; in questo senso anche la donna diviene una sorta di ricompensa, testimonianza tangibile del successo.
Questi elementi segneranno, qui e negli altri gangster movie, la fine del destino di coloro che, oltre ad infrangere la legge, sono caduti nella logica materialistica del capitalismo, cioè che ogni persona è determinata dalla quantità di beni che possiede e la sua ricchezza governerà i rapporti emotivi fra essa e le altre persone.
Nel genere gangster la figura femminile delinea alcuni aspetti della personalità dei protagonisti, ma rimane in posizione secondaria rispetto ai ruoli maschili che sono sempre legati alle parti di maggior rilievo. La figura materna è ignorante e ingenua, non condivide le attività illecite del figlio, di cui non sa quasi nulla, ma accetta il denaro di dubbia provenienza che questi le da[53]. E’ un’immagine di donna fortemente opportunista, come abbiamo visto, quella che caratterizza il ruolo della signora Powers, come anche quello della compagna di vita del gangster, una donna di facili costumi, che ama la ricchezza e ne vuole far parte. L’impossibilità di un rapporto amoroso, che era evidente in Piccolo Cesare, si conferma ancora di più in Nemico Pubblico.
Il legame fra Tom e Gwen Allen (Jean Harlow) è posto in secondo piano, come a sottolineare l’impossibilità per il boss di costruire una vita di coppia. I due si frequentano di rado e proprio nel momento in cui Gwen chiede a Tom di concretizzare il loro legame, entra un complice che lo informa della morte del Padrino, impedendogli così di finire il dialogo con la compagna.
La vita di Tom Powers non ha spazio per i legami sentimentali. Così scrive Jack Shadoian:
I rapporti di Tom con le donne sono un completo fallimento; in parte è colpa delle donne, ma soprattutto sua. Il suo affetto per la madre è sincero, ma a lei non da altro che afflizioni e di tanto in tanto denaro mal guadagnato. Dal principio alla fine è un ragazzo perduto che nega di aver bisogno della madre e che va incontro a difficoltà con le altre donne a causa del suo io diviso e immaturo. Le tre donne con cui entra in contatto desiderano fargli da madre e addomesticarlo. Ci sentiamo semigratificati quando vediamo Tom resistere, ma i gesti protettivi delle donne e le parole con cui lo confortano dimostrano l’immaturità sessuale del personaggio. Le scene con le donne definiscono gli aspetti patetici del suo carattere. Matt prova passione per Mamie (Joan Blondell), mentre Tom si annoia con Kitty (Mea Clarke), offrendole la sua opinione di un’intima colazione a casa somministrandole un massaggio facciale a base di pompelmo. Aspira a qualcosa senza sapere di che si tratti; pensa di trovarlo con Gwen, ma anche questa volta si ritrova con un fallimento[54].
La seduzione che Gwen esercita su Tom si fonda sulla capacità di fargli da madre:
Gwen: Tu non fuggirai da me, il mio ragazzo spaurito
In questa logica Tom diventa sessualmente manovrabile. Stessa situazione si ripete quando la banda di Neil si disperde; Paddy rinchiude, per sicurezza, i “suoi” ragazzi in un appartamento, affidandoli ad un’anziana prostituta, Jane. Tom, stordito dall’alcool, viene accompagnato nella sua camera da Jane, la quale lo libera dagli abiti e lo mette a letto con sollecitudine materna.
Jane: Fa il bravo ragazzo e siediti…lascia che ti aiuti…ti levo anche le scarpe, solo un bacio della buona notte ad un bravo ragazzo
Tom protesta, ma si lascia baciare, poiché la necessità di una figura materna “reale” trae il massimo vantaggio possibile dalla donna che ne fa le veci. L’impossibilità di poter condurre una vita affettiva all’interno della propria famiglia diviene, dunque, per il gangster una condizione che si estende anche allo spazio relativo alla sua vita privata.
L’inattuabilità di un rapporto amoroso per Tom è causato principalmente dalla ricerca esclusiva di una figura materna, per Matt sarà la conseguenza della strada intrapresa, quella del crimine. Quando infatti Matt decide di sposare Mamie ed iniziano i festeggiamenti Neil dirà:
Neil Nathan: Matt ha deciso per la prima volta di prendere una cosa legalmente. Una moglie!
I due boss vedono Putty Nose, il gangster che li aveva traditi ed incastrati quando ancora erano due ragazzini di quartiere, seduto ad un tavolo. Decidono di seguirlo all’uscita del locale e di ucciderlo. Proprio mentre Matt progetta la sua felicità e il suo futuro ecco che il presente torna a ribadire l’impossibilità di quell’avvenire e a decretarne la fine.
L’inquadratura dei futuri coniugi che si salutano ansiosi e preoccupati é interrotta di netto dal volto feroce di Tom: non può esistere matrimonio, amore, famiglia nella spazio vitale di un gangster e quest’immagine è emblematica in questo senso. Il crimine separa i due promessi sposi, e la voce tonante di Tom che grida “Andiamo!” frantuma definitivamente la loro unione. Da questa scena non vediamo più Mamie, ma la rapida caduta di Matt.
Dopo aver passato la notte con Jane, Tom lascia l’appartamento sfidando gli ordini di Paddy, Matt lo segue nelle vie pericolose della città e viene ucciso. Da qui in poi il volto di Tom diventa una figura di morte che fissa il suo destino inesorabile.
Dopo la morte di Matt, Tom si avventura da solo nel quartier generale di Schemer Burn per vendicare l’amico ucciso a sangue freddo.[55] Questa scelta suicida è ora semplice e forse l’unica per un uomo cui il mondo è crollato: il fratello lo odia, la madre non può vantare diritti su di lui, il suo migliore amico è stato assassinato e il suo amore si è rivelato essere irraggiungibile. Cade sull’orlo del marciapiede con il volto rivolto alla macchina da presa, con le mani artigliate sulle ferite. L’angolazione dal basso è retoricamente magniloquente.
Una delle caratteristiche principali del cinema di Wellman è proprio quella di rendere, attraverso le azioni e le inquadrature, in modo chiaro e conciso la situazione in cui il personaggio si trova. Il tipo di inquadrature dal basso, a cui fa spesso ricorso, pongono il personaggio in una posizione “altra”, non più coerente con la realtà, ma che segna il suo distacco dalla vita e dalle scelte intraprese. In questo caso viene rappresentata la fine di Tom Powers, la sua caduta definitiva, ed è per questo motivo che deve risultare “magniloquente”. Tom cadendo a terra proferisce il suo epitaffio:
Tom: Non sono così duro. Come fa notare J.Shadoian:
Queste parole non sono rivolte a lui, o a noi, ma al cosmo; è un espressione tragica, degna di riverberarsi nella vastità dello spazio e del tempo. L’acqua scintillando nella luce dei fanali della via, è una specie di battesimo che vena di verità il suo volto vivamente illuminato, un punto rivelatore circondato dalla sua cornice altrimenti rigida, oscura, impenetrabile.[56]
Dal punto di vista della storia criminale con questa scena il film ha dato tutto, ma non a caso questo finale eroico non è quello scelto da Welmann. Tom viene ricoverato in ospedale, il ritorno in seno alla famiglia dà l’ultimo tocco al motivo sentimentale del fanciullo smarrito, Tom desidera tornare a casa riappacificandosi con il fratello.
Tom: Volevo vederti Mike. C’è una cosa che dovevo dirti. Mi dispiace. Tu sai di che parlo.
Si pente anche del dolore causato, ma non è una virtuosa rinascita, infatti la sua caparbia arroganza torna presto in scena con il buffetto che Cagney dà sul capo chino della madre in lacrime sul suo letto d’ospedale. Wellman disperde la magnificenza di questo momento, in cui sembrano riaffiorare gli spiriti di un tempo, scaricando più tardi in casa il corpo impacchettato, senza vita, di Tom.
Il finale, impressionante e amaro, fa riflettere sulla vera fine di un criminale, al gesto di offesa suprema che riceve. La violenza della scena è costellata da cupi spunti ironici: la canzone in sottofondo, “I’m forever blowing bubbles” che accompagna tutta la sequenza, la madre che canticchia mentre prepara il letto a Tom, i lenti passi del fratello che cammina verso l’interno della casa, presumibilmente per mettere fine alle festività, il disco che continua a girare (mentre la puntina bloccata produce un suono simile a quello del battito cardiaco).
Il risultato è quello voluto dal regista: riportare il finale del film su un piano più reale circa la disgregazione intenzionale della famiglia di Tom e sulle conseguenze tragiche di un atto così insensato come anteporre gli interessi, per di più criminali, all’unità della famiglia; conseguenze che non possono essere cancellate da una calorosa quanto artificiosa messa in scena per il ritorno a casa dall’ospedale.
Il finale mette in chiara evidenza, quasi didascalica, che il solo rifugio che avrebbe potuto salvare Tom dal suo destino sarebbe stata la famiglia, se a questa fosse stato dato modo di crescere e dispiegare i suoi sentimenti più forti.
Nemico Pubblico si conclude con una didascalia rivolta al pubblico, che recita:
Perhaps the toughest of the Gangster films Public Enemy and Little Caesar had a great effect on public opinion. They brought home violently the evils-associated with prohibition and suggested the necessity of a nation-wide house cleaning. Tom Powers in Public Enemy and Rico in Little Caesar are not two men, nor are they merely characters. They are a problem that sooner or later we, the public, must solve.[57]
Capitolo 3 Il nuovo spazio del “Loser”.
Il cinema criminale americano sviluppa due grandi figure simboliche: il detective privato hard-boiled e il gangster. Sono personaggi basati su un forte individualismo di fondo, il primo costituisce uno sguardo critico ed etico su una società cui si sente estraneo, pur facendone parte. Il secondo ne incarna il dinamismo amorale e le sue tragiche contraddizioni.
Il detective privato ha una derivazione in gran parte letteraria, l’hard-boiled sviluppatasi in America, che vede il crimine come tematica centrale; la figura del gangster proviene invece da un complesso intreccio comprendente avvenimenti di cronaca ed elaborazioni giornalistiche, attingendo anche all’aspetto sociale e psicologico. Elementi nuovi, esterni al mondo del cinema, portano il genere ad assumere forme diverse da quelle classiche (Scarface, Nemico Pubblico, Piccolo Cesare), con relative evoluzioni delle tematiche e dei personaggi. Il più significativo cambiamento è l’origine storica.
Mentre il periodo “classico” del gangster movie sviluppa i suoi argomenti sulle basi del Proibizionismo, dopo il 5 dicembre del 1933, con l’approvazione del XXI emendamento della costituzione americana e la conseguente abolizione del proibizionismo, si “inaugura” una nuova era di criminali[58]. Finita l’era in cui i guadagni dei gangster derivano dalla vendita illegale di alcolici, molti di loro si dedicano ad attività come lo sfruttamento della prostituzione, il controllo dei sindacati, le scommesse e il gioco d’azzardo, le estorsioni e i rapimenti. Nel giro di pochi anni scompaiono alcune celebrità gangster, come Al Capone, Rothstein e Legs Diamond[59]. Il discredito e l’oblio spingono nell’ombra il criminale metropolitano e dalle campagne del Midwest giunge una nuova leva di “eroi”, i rapinatori. La stampa ha un importante ruolo nel rendere famosi questi personaggi; sia coniando dei nomignoli che li rappresentassero: John Dillinger detto “il bello”, “Baby face” Nelson, Alvin Karpis detto “Creepy”, George Kelly detto “Mitragliatrice”, Charles Athur Floyd detto “Pretty Boy”[60], sia circondando le loro imprese di un romantico alone eroico. Nell’immobilità di una profonda depressione, i delitti, gli inseguimenti, le fughe assomigliano a dei romanzi a puntate.
Il fenomeno tuttavia è di breve durata, inizia intorno al 1933 e si dilegua l’anno successivo, limitando la sua espansione a soli sette stati dell’America: Missouri, Illinois, Indiana, Ohio, Wisconsin, Minnesota e Iowa. Fu per questo definita “ondata criminale del Midwest”. Per certi aspetti questi “nuovi” gangster appaiono come tanti Robin Hood che rubano per dare ai poveri; ad esempio “Pretty Boy”, ogni volta che rapina una banca porta via i registri dei prestiti e delle ipoteche che vi sono custoditi. Hollywood in un certo senso stende un velo sulle gesta di questi rapinatori, infatti le storie di Dillinger o di Bonnie e Clyde attenderanno vent’anni per apparire sul grande schermo. La tentazione di sfruttare la popolarità di questi nuovi eroi è tanta, ma la censura è ancora molto restrittiva. Will Hays, a scanso di equivoci, manda all’ufficio che supervisiona i soggetti dei film un telegramma:
Nessun film sulla vita e le imprese di John Dillinger o altri criminali sarà prodotto, distribuito o proiettato da alcun membro della M.P.P.D.A. Questa decisione si basa sulla convinzione che la produzione, la distribuzione o la proiezione di simili film potrebbe andare a detrimento dell’interesse pubblico. Avvisate in conformità i capi degli Studios[61].
Questa rimozione è destinata a riaffiorare anni più tardi, nelle opere di Don Siegel, Arthur Penn, John Milius, Roger Croman. Durante la seconda metà degli anni trenta queste storie furono viste solo dal punto di vista del G-Man[62].
Il G-Man, o Agente Federale, ha origine nel 1932, quando un grave fatto di cronaca sconvolge gli Stati Uniti: il rapimento del figlio del colonnello Lindberg, il famoso trasvolatore che nel 1927 attraversa per primo, senza scalo, l’Oceano Atlantico. La violenza dell’atto e la popolarità del personaggio infiamma subito la stampa ed il popolo americano contro i rapitori, rei di aver perpetrato una forma di sopraffazione ancora sconosciuta. Gli omicidi, le rapine, le lotte fra gang per assicurarsi il controllo del contrabbando, erano normale amministrazione sui quotidiani americani, era infatti brutalità conosciuta, non destava più scalpore. Tutta la stampa mondiale si occupò dell’andamento del rapimento, che si concluse con la morte del piccolo. Riguardo questo caso, uno dei primi atti del Presidente Roosevelt fu la legge Lindberg, che, tra l’altro, istituisce quell’organismo investigativo che nel ’34 prenderà il nome di Federal Bureau of Investigation (F.B.I.)[63]. La nascita di questa organizzazione investigativa si rivela importante non solo per la storia americana, ma anche per Hollywood e l’industria cinematografica. La nuova figura che nasce è quella dell’agente federale, un investigatore di nuovo tipo, caratterizzato da un cambio di immagine, un vero e proprio esempio per la nazione: incorruttibile e determinato, bianco e atletico, all’avanguardia, in grado di utilizzare le più moderne tecniche investigative. Agenti in grado di contrastare la criminalità organizzata, i gangster. Fu Jack Warner che convinse il Bureau a coinvolgere il cinema nell’operazione di immagine che l’F.B.I. stava portando avanti per raggiungere visibilità e potere. La prima collaborazione fra il Bureau e Hollywood fu G-Man (La pattuglia dei senza paura, 1935)[64] di William Keighley, un film che segnò un netto passaggio fra il gangster movie classico e li nuovo ciclo di film basato sulla figura del G-Man[65].
L’attore principale è James Cagney. Ricordato da tutti nel ruolo di Tom Powers in Nemico Pubblico, il nuovo volto che gli fu assegnato costituisce un vero recupero del suo personaggio, ancora caratterizzato da un misto di vitalità e violenza, ma ora al servizio della giustizia. “Il più famoso bandito di Hollywood si arruola nei G-Men e ferma la marcia del crimine”, annunciano i manifesti pubblicitari del film. In questo passaggio il suo personaggio non è in realtà cambiato molto: non picchia le donne, impara qualche mossa di arti marziali, ma la trasformazione non va oltre. In compenso la sua personalità si lancia in un libero sfogo di vitalità, in un film che risulta essere più violento di Nemico Pubblico, dove i fatti cruenti sono quasi tutti fuori scena. Rispetto al modello di agente voluto da Hoover, Cagney è ancora troppo individualista, portato a fare le cose da se e per se, troppo sanguigno e poco scientifico, caratteristica che verrà eliminata nei film successivi del genere, dove le tecniche investigative moderne vengono accuratamente trattate ed esposte, mentre in questo primo film del genere sono ancora del tutto marginali.
Questa collaborazione con la Warner convince Hoover ad utilizzare l’industria del cinema come mezzo per far diventare famoso e conosciuto l’agente federale con funzioni investigative. Nel 1936 lo stesso Hoover viene coinvolto nella realizzazione di You Can’t Get Away With It (La bolgia dei vivi), un documentario in cui vengono mostrate al pubblico le tecniche scientifiche di indagine di cui il direttore andava molto fiero, come le analisi microscopiche, le prove balistiche o l’archivio di impronte digitali del Bureau. In questo modo l’attenzione dello spettatore veniva spostata dall’azione e dalle sparatorie al paziente lavoro di indagine, ponendo l’accento sull’efficacia del gruppo più che sulle gesta eroiche del singolo. La censura ebbe un ruolo importante nella produzione cinematografica americana per tutti gli anni trenta e le insistenti pressioni con cui imponeva le sue regole contribuirono alla scomparsa del gangster movie classico. Nel 1922 viene fondata la M.P.P.D.A.(Motion Picture Producer Distributor Association) il cui presidente è il milionario Will Hays[66]. Nel 1924 la M.P.P.D.A. compila una lista di divieti molto più ampia, rispetto ad una prima lista costituita da soli tredici punti, chiamata “Formula”[67]. Ogni studio avrebbe dovuto sottoporre all’Hays Office la trama e le informazioni relative a tutti gli adattamenti in progetto, avviando cosi una prima modalità pratica di autocensura a partire dalla sceneggiatura del film. Con l'avvento del dialoghi, nel 1927, si sentì la necessità di un codice scritto più restrittivo. Fu così steso il Production Code, che venne adottato il 31 marzo 1930, ma non vennero prese iniziative perché entrasse formalmente in vigore. Il periodo tra il 1930 e il 1934 è spesso definito l'era “pre-Codice[68]” perché, anche se il codice già esisteva, fu di fatto ignorato dagli Studios.
La M.P.P.D.A. rispose alle critiche rivolte ai film “pre-Codice” violenti e razzisti con un inasprimento del codice stesso. Il codice fu successivamente rafforzato dalla creazione della Catholic Legion of Decency, che definì "indecenti" i film per i quali chiedeva il boicottaggio da parte dei Cattolici. Il codice nella versione del 1930 non aveva strumenti efficaci di applicazione. Un emendamento al codice, adottato il 13 giugno1934, creò allora la Production Code Administration, decidendo che da allora ogni film dovesse ottenere un certificato di approvazione prima di approdare nelle sale. Da allora e per tutto il ventennio successivo, i film prodotti negli Stati Uniti aderirono più o meno rigidamente al codice. Il "Production Code" fu un codice di auto-regolamentazione e non fu creato o rafforzato da autorità federali, statali o cittadine. Infatti gli studi di Hollywood adottarono il codice soprattutto nella speranza di evitare la censura governativa, preferendo regolarsi piuttosto che sottostare alle imposizioni del governo. L'introduzione del "Production Code" causa la scomparsa di molti comitati locali di censura. Nel frattempo l' U.S. Customs Department (il Dipartimento delle Dogane) proibisce l'importazione del film Ecstasy del 1932, in cui recitava un'attrice che sarebbe diventata famosa col nome di Hedi Lamarr. Contro il provvedimento venne fatto appello davanti alla Corte Suprema, che aveva già espresso il parere secondo cui l'opera cinematografica non ricadeva sotto la protezione del Primo Emendamento. Joseph I. Breen fu eletto capo della neonata Production Code Administration. Sotto la sua guida, gli sforzi del Production Code divennero ben noti per la loro rigidezza. La facoltà di Breen di modificare la sceneggiatura e le scene filmate provocò l'ira di molti sceneggiatori, registi e produttori di Hollywood.
Il Codice Hays comprende due sezioni: “The Code”, articolazione pragmatica dell’autocensura, e “The Reasons”, introduzione etico-sociologica, scritta da Queigley e Lord[69].
Nell’analisi del codice distinguiamo quindi la sezione operativa , la lista dei divieti e dalle cautele, fino alla sezione dei principi. Il "Production Code" elencava tre "Principi generali": - non sarà prodotto nessun film che abbassi gli standard morali degli spettatori. Per questo motivo la simpatia del pubblico non dovrà mai essere indirizzata verso il crimine, i comportamenti devianti, il male o il peccato; - saranno presentati solo standard di vita corretti, con le sole limitazioni necessarie al dramma e all'intrattenimento; - la legge, naturale, divina o umana, non sarà mai messa in ridicolo, né sarà mai sollecitata la simpatia dello spettatore per la sua violazione.
Diverse restrizioni specifiche vennero poi stilate come "Applicazioni particolari" di questi tre principi fondamentali[70]. Per quanto riguarda il gangster movie l’applicazione del codice ebbe delle conseguenze distruttive. Un esempio eclatante fu lo stillicidio che venne effettuato sulla pellicola di Scarface. Quando Scarface fu ultimato la serie dei gangster movie era inondata di polemiche e proteste. Si misero in moto alcuni dei più grandi gruppi di pressione come la World War Veterans of Shenandoah Valley, il Federal Council of Churches of Chritst[71] in America e in generale le organizzazioni civiche e numerosi membri della chiesa cattolica e delle confessioni protestanti.
La questione che spaventò davvero i produttori fu la possibilità di perdere il pubblico, considerato che Hollywood stava gia pesantemente pagando il prezzo della Grande Depressione i produttori fecero marcia indietro. La M.P.P.D.A. aveva cercato in principio di difendere i gangster movie puntando sulla loro utilità sociale e di informazione, ma le pressioni divennero troppo forti. Era necessario trovare un accordo e fu così che i produttori si unirono per realizzare una specie di patto di non aggressione: tutti si dovevano impegnare a rispettare una nuova versione del Codice di autocensura che Will Hays aveva elaborato. Per la M.P.P.D.A. l’era dei film di gangster era finita. Se un film non si fosse adattato alle norme e ai tagli richiesti avrebbe rischiato, andando in contro alla censura, di non trovare mercato, inoltre a questo tipo di censura centrale sarebbe seguita un ulteriore censura locale.
Finite le riprese, Scarface fu bloccato a causa della censura. Non bastava infatti che il gangster facesse una brutta fine, bisognava che tutta l’esistenza del criminale fosse segnata dall’infamia. Il figlio troppo affettuoso descritto come un pilastro della famiglia che si occupava della madre anziana e vedova e aveva inoltre troppa cura della sorella, il finale apocalittico in tono con l’immagine dell’attore Paul Muni, bello e spietato, sono gli elementi principali che fecero inorridire i censori. Comincia così una serie di tagli e rifacimenti che modificano totalmente il film. Fra il 1930 e il 1931 si contano ben 4 versioni e ancora nel 1979, anno in cui ricompare la pellicola precedentemente scomparsa, non si era ancora fatta chiarezza se quella copia, che poi è la stessa che giunge oggi a noi, sia realmente stata vista dal pubblico dell’epoca e se sia effettivamente ciò che intenzionalmente realizzarono gli autori[72]. L’aspetto più controverso è proprio il finale: Hawks stesso raccontò di averne girato uno in cui Tony Camonte veniva impiccato. Il finale che giunge a noi è invece quello in cui Tony è rinchiuso nella casa-bunker con la sorella al fianco. Inoltre furono tagliate le scene in cui Tony abbraccia le sorella dopo averla schiaffaggiata ed averle strappato il corpetto e quella in cui il boss spende mille dollari per comprare una lampada alla madre, e ancora quella in cui i gangster andavano per mare con un lussuoso yacht. Anche dopo i numerosi tagli Scarface conserva dei chiari riferimenti alla cronaca dell’epoca. Un altro importante esempio possiamo identificarlo nel finale di Nemico Pubblico. I due sceneggiatori pensarono che sparare a Tom Powers non fosse sufficiente per una futura critica della censura. Nonostante il finale drammatico in cui il protagonista è abbandonato moribondo davanti alla porta della sua casa di origine come un bidone della spazzatura e morire davanti allo sguardo sofferente del fratello, Nemico Pubblico non riuscì ad evitare gli attacchi dei benpensanti. L’applicazione rigorosa del Codice Hays non segnò definitivamente la scomparsa del gangster dagli schermi, ma lo colloca in due ruoli principali: o il gangster diventa un personaggio da commedia, o un orribile mostro da abbattere a tutti i costi. Divi come Robinson o Cagney intraprendono ruoli che prendono la via della commedia, mentre attori ancora del tutto sconosciuti interpretavano criminali sanguinari e ottusi (uno di questi è Humphrey Bogart) I motivi di origine storica e sociale che conferiscono ai gangster movies nuovi spazi d’azione dunque sono: a) la fine del Proibizionismo, la conseguente ondata di “nuovi” criminali e il successivo periodo della seconda guerra mondiale (invero già dal 1936), che porta a un cambiamento delle tematiche nei film (come ad esempio il tema del “ritorno”); b) la comparsa dell’agente federale, e quindi un numeroso gruppo di film in cui il gangster viene visto dal punto di vista della legge e della neo - FBI; c) il Codice Hays che censura numerose scene e interi film contrapponendosi all’espansione del genere gangster, contribuendo in questo modo all’ascesa di nuove star del cinema. 3.1 La foresta pietrificata
A differenza dei gangster “classici” dove tutte le vicende ruotano intorno alla figura del protagonista e sono ad essa marginali, nei nuovi orizzonti del gangsterismo il personaggio centrale viene circondato da altre figure che via via assumono posizioni di un certo livello, fino a sostituire completamente il ruolo che prima apparteneva al gangster.
Anche il “clima” della storia muta, si apre una nuova prospettiva più “sensibile”, che, principalmente nella sua prima fase, è caratterizzata da un processo di interiorizzazione del racconto.
E’ quanto accade in The petrified forest (La foresta pietrificata, 1936) diretto da Archie Mayo, tratto dalla pièce di Robert E. Sherwood. Il film promuove a dignità letteraria la figura del gangster, facendolo uscire dal racconto di genere per collocarlo su un palcoscenico di espliciti simbolismi sulla condizione umana. Si avvicina per questo aspetto alle tematiche individualiste della letteratura hard-boiled.
E’ interessante il modo esemplare in cui il gangster viene qui proposto come eroe anti-borghese, corrispettivo dell’intellettuale tormentato più che dell’imprenditore rampante.[73]
Nonostante completamente immerso nell’azione, tra armi e minaccia fisica, soffre di un’incapacità di incidere sul reale che corrisponde all’inazione dell’intellettuale: come lui si sente ai margini della società, sopravvissuto di un epoca ormai finita e condannato a una morte inevitabile. Il film esprime tutto questo attraverso un vero e proprio diluvio di parole e frasi ad effetto, fedele alla matrice teatrale e alle pretese letterarie del testo. L’effetto più efficace è senza dubbio l’ambientazione, una piccola stazione di servizio alle soglie del deserto dell’Arizona, che si erge fragile fra tempeste di sabbia e vento, non molto distante dalla località chiamata “La foresta pietrificata”.
La stazione di servizio è l’ultima prima di centinaia di miglia attraverso il deserto, come avverte all’inizio del film il cartello “is your last chance” (la tua ultima occasione). Fra le quattro mura di questo insediamento si confronta un concentrato di critiche all’America contemporanea: il vecchio nonno contrappone in continuazione il mito del West al presente piccolo borghese, due operai si fanno cacciare per i loro commenti sul governo e sull’America, la giovanissima Bette Davis legge poesie di Villon e con Leslie Howard (nel film interpreta la parte dello scrittore intellettuale Alan Squier) ricorda le origini europee che impediscono di sopravvivere fra l’odore degli hamburger americani.
Gabby: il mio nome Grabrielle - lei è di origine francese - è stato subito trasformato in Gabby per intonarsi alla mentalità di questi zotici e ignoranti.
Alan Squier cerca di consolarla dicendole di ritrovare la sua serenità nelle parole del poeta Villon[74], e lei risponderà rassegnata:
Gabby: si, anche se non riescono a togliere l’odore di hamburger e benzina.
Le frasi più belle arrivano quasi tutte da Alan, compiaciuto della propria inutilità. Duke Mantee (Humphrey Bogart) in un certo senso è fin troppo soddisfatto di aver trovato un’anima gemella così nobilitante: Duke si lascia coinvolgere nel pessimismo verbale del compagno.
Questo film è contraddittorio nel modo in cui descrive e da vita ai suoi personaggi: inizialmente il padre di Gabriel, vestito di tutto punto, dialoga con due operai della zona
Operaio: avete letto di quel massacro di gang ad Oklahoma city? Non esiste una legge che ci tuteli, siamo governati da un gruppo di gangster.
sentendo queste parole il padre si infastidisce al punto di cacciare i due operai; lui crede nella legge e nel paese in cui vive, è patriottico e cerca di servire al meglio l’America, prima in guerra e ora collaborando con le forze municipali dell’Arizona. Ma in una scena successiva si lamenta del posto in cui lavora e del tipo di vita che conduce, nonostante abbia servito il suo paese in cambio ha ricevuto bene poco.
Padre di Gabby: ma quali affari vuoi che conduca, non abbiamo niente qui,vivo nel deserto.
Poco prima, avendo letto sui giornali che la banda di Duke Mantee si aggirava proprio in quella zona, dice orgoglioso alla figlia:
Padre di Gabby: fai che passino per di qua e gli faccio vedere io.
Sarà lo stesso che nel finale del film, tornando alla stazione di servizio e trovando tutta la sua famiglia presa in ostaggio, dirà a Duke:
Padre di Gabby: Ti stanno cercando dappertutto, devi scappare, c’è polizia ovunque, lo dico per il tuo bene!
Importante anche il tipo di rapporto che viene ad instaurarsi fra l’intellettuale arrivato da lontano, che fa perdere la testa alla giovane ragazza sognatrice, e il gangster. All’inizio del film, quando Gabby chiede ad Alan cosa stia cercando col suo vagare senza meta per i deserti dell’Arizona, lui risponde:
Alan: forse solo qualcosa in cui poter credere, per cui vivere o morire, chi lo sa.
Spesso nelle sue parole risuonano paragoni con “La foresta pietrificata”, in un dialogo con Gabby, mentre lei le mostra dei quadri, lui dirà:
Alan: forse anche io un giorno diventerò un fossile da studiare.
Anche più tardi, dialogando con Duke Mantee, afferma:
Alan: io e te siamo gli ultimi fossili dell’individualismo.
Il modo in cui il personaggio Alan si rapporta al gangster è piuttosto particolare. Poco dopo che Duke Mantee e la sua banda hanno occupato la stazione di servizio, Alan parla a Duke di astrologia, di come le stelle abbiamo segnato il suo cammino fino a quel luogo, e che ora sentiva che qualcosa stava per accadere. Le sue parole, lineari ma sofisticate, sembrano scontrarsi con la rozzezza di Duke, che ha passato la maggior parte della vita in galera e non è di certo, nei gesti e nelle parole, una persona di cultura. Nonostante tutto Alan, alla fine del discorso sulle sue “stelle guida” gli dirà:
Alan: è piacevole trovarsi davanti a chi sa vivere.
Come è possibile che un intellettuale creda che un uomo che è vicinissimo alla morte e che non ha fatto altro che uccidere per vivere, sappia vivere? Insiste nel mostrare la stima per il gangster dicendo:
Alan: Voglio farmi seppellire nelle foresta pietrificata. Ho elaborato una teoria che potrebbe interessarti: sempre è la tomba della civiltà, ciò che stanno tutti cercando, solo così si potrà ricominciare. E quale tomba è migliore del deserto? quello è il mio destino e anche il tuo Duke, tu e io siamo gli ultimi fossili dell’individualismo.
In effetti i due uomini sono molto simili, entrambi cercano qualcosa per cui valga la pena “di vivere o di morire, chi lo sa”; uno l’ha trovata, Duke, rischiando la vita, sta infatti aspettando di incontrarsi con una donna da lui amata prima di fuggire oltre il confine, e Alan ha trovato Gabby, cui deciderà di donare la vita in cambio della sua salvezza. Sono due eroi romantici che si muovono su classi sociali assai diverse, ma sospinti dalla stessa passione: l’amore.
Certamente Alan è di indole più nobile ed è chiara la soddisfazione di Duke nell’aver trovato chi riesce ad esprimere in parole ciò che lui prova. Alan chiede a Duke di ucciderlo prima di andarsene, in modo da poter lasciare la sua polizza sulla vita di 5000 dollari a Gabriel, così che lei possa andare in Francia e fare l’artista.
Alan: Duke, devo chiederti un favore, perché sei un uomo intelligente che non ha paura di riconoscere le cose. Ti sarei molto grato se tu mi uccidessi. Faresti, oltre che un favore a me, anche un atto di giustizia, di giustizia naturale:la sopravvivenza del più forte. Da vivo non posso fare nulla per Gabriel mentre da morto posso comprarle tutto ciò che desidera. Un semplice colpo di pistola porterà un po’ di gloria a chi lo sparerà e a chi lo riceverà.
Duke prima di andarsene, anche se esitando affettuosamente, lo ucciderà, dimostrando con questo gesto di possedere realmente uno spirito “nobile”. Molte scene oscillano fra il grottesco e il teatro dell’assurdo. Il modo in cui si sviluppano le storie, la semplicità con cui in una situazione di pericolo vengono fuori discorsi intimi e personali (come quelli della coppia medio borghese che arriva dopo l’assedio della gang). Anomala è anche la premura che Duke mostra nei confronti degli altri personaggi. Del vecchietto innanzi tutto: quando Alan si rivolge al vecchio in modo poco educato Duke si alza e lo rimprovera per il linguaggio usato:
Duke: parlare così a un vecchio, ma come ti permetti? che schifo.
Quando il vecchio prova a prendere un bicchiere di liquore mentre la nipote Gabby è in un'altra stanza Duke dice:
Duke: no, tu niente. Ha detto la biondina che non devi bere.
Tanta apprensione appare bizzarra se confrontata all’azione di sparare alla mano di Boze (il ragazzo che lavora alla pompa di benzina) che aveva provato a tendergli una trappola.
Duke: sbrigatevi e stingete quelle bende, altrimenti perderà troppo sangue.
Di certo non è questo il tipo di gangster che il pubblico è abituato a vedere sullo schermo. Questo è un gangster romantico e passionale, innamorato e fondamentalmente buono, capace di gesti eroici, come l’uccisione di Alan.
La foresta pietrificata ha un’ambientazione che è un palcoscenico dove vengono rappresentate le relazioni sentimentali tra i diversi personaggi[75]. Alan ha amato la vita rendendosi conto che può continuare a farlo solo “seminando i suoi semi nel terreno fertile” che ha trovato nell’animo puro di Gabriel.
La coppia medio borghese ha vissuto un amore falso, governato dal Dio denaro. Il padre di Gabby prova un amore non ricambiato per la patria e Duke l’amore verso una donna, Doris, che lo tradisce. Boze vive l’amore non corrisposto per Gabby. La foresta pietrificata è un trionfo di emozioni e stati d’animo, e rappresenta il luogo dove i sentimenti si “pietrificano”, lasciando qualcosa, come nel caso di Alan e Gabby, o perdendo qualcos’altro, come nel caso di Duke che per amore di una donna perde la vita.
Questa rappresentazione allegorica del materialismo è racchiusa nel titolo del film. Phil Hardy in The Gangster Film così la descrive :
L’allegoria che è al cuore dell’opera di Sherwood non è stata con il passare del tempo debitamente riconosciuta. Questa allegoria rappresenta il mondo che è diventato una foresta pietrificata di materialismo, uccidendo i semi della vitalità rappresentati da un lato dall’artista, dall’altro dal gangster: Mayo ha superbamente reso la verve sia dell’ambientazione che dei personaggi. Bette Davis è una ragazza scontenta che sogna la fuga, suo nonno continua a raccontare quando Billy the Kid gli ha sparato, suo padre che trova le sue gratificazioni nell’appartenenza ad un gruppo paramilitare sinistro chiamato “Black Horse Troopers”. Duke Mantee rappresenta l’ultimo grande apostolo dell’individualismo primitivo. Il poeta è singolarmente un carattere non gradito dal momento in cui richiama l’attenzione su di se piangendosi addosso e pretendendo pietà. Bogart, in parte perché le sue battute sono monosillabiche, a differenza di Alan che invece parla praticamente per tutto il film, in parte perché sappiamo che altri gangster lo stanno cercando per ucciderlo, è caratterizzato da una forte rassegnazione che lo rende, in un certo senso, molto più umanamente accettabile. Nel momento in cui lui dimostra di aver preso seriamente la richiesta del poeta sparandogli conquista la gratitudine dello spettatore[76].
Il personaggio di Duke è interpretato da un giovanissimo Humphrey Bogart che nel 1934 dichiara di essere stanco dei piccoli e scadenti ruoli che gli offre la Warner e decide di spostarsi a Broadway. Qui riceve la parte per il dramma di Sherwood, che ebbe molto successo a teatro[77].
Nella versione cinematografica il regista Mayo vuole nella parte del gangster E.G.Robinson, ma Leslie Howard (nel film Alan), si rifiuta di recitare senza Bogart al suo fianco nel ruolo dello spietato gangster Duke Mantee. Con questa interpretazione Bogart finalmente diviene un volto conosciuto, destinato ad essere uno dei più grandi attori degli anni ’40.
Anche il personaggio del gangster è soggetto a un cambiamento in questa nuova interpretazione di Bogart: è un uomo spietato, ma anche disperato, amaro, sarcastico, innamorato; Bogart in un certo senso rappresenta il volto che più assomiglia a quello del Loser, dell’antieroe che diviene un vero e proprio eroe romantico, particolarmente quando si immola in nome del suo, se pur nascosto, buonsenso.
3.2 Angeli con la faccia sporca
Principalmente a causa della sua origine teatrale, La foresta Pietrificata rimane un film “anomalo” nel panorama del gangster movie, ma il cambiamento del genere è presente anche in film che si avvicinano maggiormente al gangster classico, come Angels with dirty faces (Angeli con la faccia sporca, 1938), diretto da Michael Curtiz è interpretato, nella parte di Rocky Sullivan, da James Cagney che solo pochi anni prima aveva vestito i panni di agente federale (in G-Man, La pattuglia dei senza paura).
Come scrive Lloyd Hughes in Gangster movies:
Questo è il film più didattico, moralistico, proclamatorio della serie dei gangsters; a salvarlo dalla sua enfasi è la ponderosa interpretazione di James Cagney.[78]
Preceduto da Dead end (Strada sbarrata,1938) del regista William Wyler dove Bogart, un anno dopo La foresta pietrificata, interpreta il ruolo di Baby Face Martin portando il gangster al massimo della sua teatralizzazione, Angeli con la faccia sporca, dopo il tempo dell’epica del gangsterismo e la sua tragedia, sembra voler ora analizzare gli ingredienti in uno spazio ostentatamente artificioso. Baby Face Martin ritorna sui luoghi dell’infanzia in un processo di svuotamento esistenziale analogo a quello di La foresta pietrificata:
Baby Face Martin: mai tornare indietro, guardare sempre avanti
dice l’amico ricordando la regola fondamentale del dinamismo gangster.
In Strada Sbarrata Bogart torna però indietro per regolare gli ultimi conti con se stesso prima di consegnarsi alla morte. Il gangster non incarna più il sogno, la scalata verso il successo e il vitalismo della società americana, ma ripiega sulla poetica dell’azione e dello sguardo: Strada sbarrata è tutto costruito attorno alla poetica dello “sguardo”, esistenziale, politico e moralistico. Al di sopra del gangster che osserva tutto e tutti ecco l’altro sguardo, introdotto dalla scritta iniziale subito dopo i titoli di testa:
I ricchi hanno scoperto il fascino pittoresco della vita sul fiume e hanno costruito i loro graziosi palazzi di appartamenti che guardano sui quartieri miserabili.
In questo modo la canonica inquadratura dall’alto della città assume un significato particolare e quando scende fra le strade e i vicoli di quella metropoli lo fa con un ottica distanziata, conscia dell’esistenza di quelle terrazze dei ricchi che si affacciano sulle vite dei poveri. Il film è infatti tutto basato sulla contrapposizione sociale, un circolo vizioso di una redenzione impossibile all’interno di una società classista.
È il primo film importante a porre in termini espliciti la questione sociale come origine del fenomeno criminale, questo viene incarnato dai “Dead End Kids”, i ragazzacci di strada che invadono il set con il loro disordinato vitalismo, sempre pronti a trasformare ogni dialogo in una rissa, a tradire gli amici e a riprendere la vita quotidiana quando uno di loro viene arrestato. La Warner si rende conto che la storia funziona benissimo e ha avuto una risposta eccellente dal pubblico, così decide di produrre nello stesso anno un film simile a Strada sbarrata ma dove il personaggio era un “buono”[79].
Come già accaduto a “Baby Face” Martin, Rocky Sullivan torna al suo vecchio quartiere dopo una lunga carriera da delinquente. Ad aspettarlo trova gli stessi ragazzi di Strada sbarrata, noti ormai come i “Dead End Kids”, che la Warner aveva scritturato per un contratto a lungo termine.
Angeli con la faccia sporca è una vera e propria apologia del gangster, o meglio, di un certo tipo di gangster: indipendente, isolato, anarcoide, delinquente, individualista del tempo del proibizionismo. Il Rocky Sullivan interpretato da Cagney è una versione scapestrata ed esuberante del Duke Mantee di Bogart: entrambi sono uomini alla fine della corsa, ma che non rinunciano a lottare. La figura del criminale in Angeli con la faccia sporca non è più l’elemento dinamico che irrompe nella società, attraversandola nella sua folle e tragica ebbrezza di potere. La storia di Rocky Sullivan è infatti raccontata dall’esterno, in quanto mito: a parte il prologo, tutta la sua carriera sarà seguita attraverso le prime pagine dei quotidiani. Le prime immagini sono molto simili, come stile e dinamica, alle prime inquadrature di Nemico Pubblico: l’incrocio di strade che viene percorso dagli abitanti, il brulichio di gente che popola i marciapiedi del quartiere, la musica. In quest’atmosfera movimentata di vita di città, vengono presentati i due ragazzi, Rocky Sullivan e Jerry Connolly (Pat O’ Brien). In Nemico Pubblico la vita e le attività di Tom Powers vengono riprese a distanza di pochi anni, il regista segue più da vicino la sua ascesa fino al punto della morte di Tom. In Angeli con la faccia sporca, subito dopo l’arresto del giovanissimo Rocky, una serie di inquadrature montate in rapide sequenze descrivono gli anni della sua attività criminale, riprendendo la storia ben quindici anni dopo, quando il protagonista fa ritorno nel suo quartiere e diviene l’idolo dei giovani ragazzi che ora lo popolano.
In questa maniera l’ascesa nel mondo della malavita viene collocata in secondo piano, per sottolineare invece due caratteristiche del gangster interpretato da James Cagney: la sua consistenza mitica e la sua natura adolescenziale, di ragazzo destinato a non diventare mai adulto[80]. Ad esaltare quest’aspetto è l’eccitazione tutta fisica dell’attore: l’energia che esprime con l’intero corpo, il gesto con cui scuote nervosamente le spalle, le braccia che tiene sempre un po’ piegate in avanti in evidente disarmonia con lo spazio esterno. Quello che accade al di fuori di questa dimensione adolescenziale lo apprendiamo dai giornali: il film si apre con una prima pagina (per proseguire poi sulla panoramica del quartiere) e si conclude con la prima pagina del quotidiano che i ragazzi leggono dopo la morte di Rocky. Il ritorno di Rocky nel quartiere è giustificato da un affare in sospeso con il suo avvocato James Frazier (Humpherey Bogart) .
Rocky passa il suo tempo a risolvere i suoi affari con Fraizer, nel frattempo familiarizza con i ragazzi di quartiere di cui padre Connoly si occupa. Il punto centrale del film è la lotta intrapresa dal prete per sconfiggere la criminalità. Amico di un criminale, nel vedere come quest’ultimo fosse un modello per i “suoi” ragazzi, con coraggio affronta il nemico in una spietata lotta condotta con l’aiuto di un giornale
Padre Connolly: Ci sono tanti bambini nei quartieri poveri e non voglio che prendano Rocky come esempio per diventare come lui.
Mentre Rocky inizialmente guarda indifferente l’azione intrapresa dall’amico Connoly, presto si accorge che gli altri membri della gang vedono nelle accuse del prete una reale minaccia e decidono di eliminarlo. Per evitare questo, Rocky uccide i due gangster e viene condannato a morte. Nel finale del film si condensa tutta la tensione melodrammatica. Padre Connoly chiederà a Rocky di morire da vigliacco,
Rocky: Io non ho paura ci vuole un cuore per aver paura no?e io non ce l’ho Padre Connolly: so che non hai paura, ma voglio che tu deluda i ragazzi che credono morirai da eroe, devi deluderli, urla e prega di non essere ucciso, si devono vergognare di te.
Le scene finali descrivono un ultimo atto d’amore che Rocky compie nei confronti dell’amico. Quando erano ancora piccoli si prende la colpa del furto andando incontro al riformatorio, uccide i due boss con cui conduceva importanti affari per salvare la vita all’amico, e ora, come a voler incoronare questo suo amore, accoglie inaspettatamente la richiesta di Jerry e inscena una morte da vigliacco, strillando e implorando di non essere ucciso. L’animo nobile del protagonista è esaltato e ribadito lungo tutta la sua storia, la sua bontà è evidente e quello che nel film agli occhi dei Dead End Kids sembra solo la morte di un uomo che “non era un duro”, e che “correva meno di me” per padre Connoly, al pubblico appare come la morte di un eroe, che pur avendo sbagliato decide di dare una lezione a coloro che credono nel mito dal gangster. Lo stile del regista Curtiz in questo film, è imperniato su un interessante uso delle luci e delle ombre. C’è un momento importante in cui Rocky mostra a Laury (Ann Sheridan), la donna che lo ospita nel suo albergo, le insegne della strada, promesse di una vita cittadina da godersi intensamente.
Rocky: vedi quelle luci lassù? le hanno accese per te.
Quelle stesse insegne che i poliziotti spengono al momento della cattura, sostituendole con i fari che illuminano i muri dell’edificio. Anche nella scena finale dell’esecuzione una luce molto forte si contrappone alle ombre intense, quella luce che rappresentava la città e la legge ora rappresenta la luce divina di cui Jerry ne è simbolo[81].
Hollywood, e la Warner in particolare, sta mettendo a punto questo nuovo tipo di eroe: il gangster crepuscolare, malinconico (anche se in questo caso dotato dell’ipercinetico Cagney). All'inizio del decennio il gangster si lancia alla conquista del mondo con le armi in pugno, ora sembra stanco di vivere. Ha visto troppo, sofferto troppo, tutto per nulla. Dalla poetica della rabbia il gangster è passato ad esprimere quella della caducità, il criminale è un lottatore di professione, ma in questi film di fine decennio la lotta sembra aver perso ogni scopo, il gangster è consapevole della sua fine. Non conosce altro modo di vivere e allora decide di andarsene con la pistola in pugno, torna quindi a essere un eroe tragico, ma di una tragicità diversa.
Questa metamorfosi del gangster fu colta dallo scrittore William Riley Burnett, lo stesso che aveva creato il personaggio di Rico Bandello in Piccolo Cesare. Nel 1940 Burnett pubblica High Sierra[82], un nuovo romanzo i cui diritti vengono immediatamente acquistati dalla Warner. L’anno successivo uscì il film.
3.3 Una pallottola per Roy
Il concetto di “Sogno americano” non è più centrale nelle tematiche degli ultimi gangster movie. Gli anni ’40 sono gli anni in cui trionfa il film di propaganda sotto forma di film di spionaggio, di film di guerra e di storie più o meno patetiche del fronte interno. Roosvelt aveva promesso che l’industria di Hollywood non sarebbe stata condizionata in alcun modo, anche se aveva creato un ufficio, il Bureau of motion pictures, allo scopo di verificare che le sceneggiature che si avviavano a diventare film non fossero in contrasto con lo sforzo bellico.
La guerra non aveva monopolizzato tutte le energie creative di Hollywood, anzi, fu proprio mentre l’orizzonte si faceva tetro per l’avvicinarsi del conflitto, che alcuni film aprirono la strada verso quello che diverrà il noir maturo. Le opere cinematografiche realizzate in questo periodo sono molto diverse fra loro, non vi è infatti un genere ben definito, ma una serie di film che trattano tematiche diverse, dai film di detective privati ai melodrammi esotici, thriller spionistici o hard boiled. Questo gruppo di opere disomogenee inaugura una trasformazione profonda.
Anche il controllo dell’ufficio Hays sui film si era fatto meno efficace, tant’è che riescono a passare attraverso la censura temi scottanti, situazioni scabrose e trame ben poco edificanti. In quest’atmosfera di cambiamento, del gangster movie dei primi anni trenta rimane ben poco. Nel 1939 Raoul Walsh dirige The Roaring Twenties (I ruggenti anni venti), la storia di un gangster al tramonto della sua carriera che si dedica al traffico di alcolici dopo essersi distinto nella guerra in Europa. Il film è interpretato ancora una vota dall’eclettico James Cagney nel ruolo di Eddie Barlett. Con la fine del proibizionismo l’ascesa di Eddy comincia il suo declino, tornato a fare il tassista diventerà un alcolizzato, uno sbandato. Si redime dopo un lungo periodo di abbrutimento affrontando e sterminando da solo la gang del suo ex socio che, dopo la fine del proibizionismo, si era dato ad altre lucrose attività illecite.
I ruggenti anni venti è la descrizione di un universo morale ben chiaro: da una parte i criminali, dall’altra gli onesti e la figura di Eddie Barlett in mezzo. La morte del gangster è un sacrificio per il bene della comunità e quindi porta alla redenzione; non a caso Barlett si trascina, ferito a morte, fino ai gradini di una chiesa[83]. Questo film rappresenta un Bootlegger, gangster di città, e si contrappone al film che segna, per alcuni critici[84], la fine definitiva del genere gangster, High Sierra (Una pallottola per Roy), del 1941 diretto dal regista Raoul Walsh.
In High Sierra è descritta la storia di un gangster, Roy Earle (Humphrey Bogart), un rapinatore del Midwest. Barlett e Earle sono entrambi degli individualisti, come ogni eroe americano, e degli anacronistici relitti del passato che hanno un rapporto conflittuale con il presente , pur se in modi diversi. Il personaggio interpretato da Cagney si scaglia infatti contro la criminalità del dopo proibizionismo e lo fa per salvare l’amico dando così finalmente un contributo positivo allo sviluppo della società. Earle è di un’altra razza: un uomo in conflitto con tutta la società moderna.
Mentre I ruggenti anni venti possiede quella claustrofobia urbana dei film girati in studio, Una pallottola per Roy ha l’ariosità di un western, o meglio di un road movie. Si pone al confine tra il gangster movie fisico e aggressivo degli anni trenta e il noir interiorizzato del decennio successivo. La dimensione mitica del protagonista non è più una questione da prime pagine dei giornali, come per il James Cagney di Angeli con la faccia sporca: ormai il gangster viene visto come un aristocratico[85], un erede del western da contrapporre in chiave antiborghese all’America vincente.
Roy Earle, a differenza dei suoi predecessori Rocky Sullivan e Eddie Barlett, supera la dinamica dell’ascesa e successiva caduta del criminale, per diventare l’incarnazione di una più ampia condizione esistenziale che trova sviluppo nei successivi anni quaranta con il richiamo alla tradizione del banditismo rurale e l’interiorizzazione di quell’energia dell’individuo che prima era serrata in un contesto sociale.
A questa nuova dimensione spaziale del gangster si collega il tema western della natura, che percorre il film come una ricerca di purezza, polemica contro la civilizzazione[86]. Appena esce dal carcere infatti Roy rifiuta l’automobile, simbolo della città e del gangsterismo urbano, per recarsi tra l’erba e gli alberi del parco; tutto il film sarà insolitamente ambientato in esterni, lontano dalla città, costellato da pause idilliache fino a concludersi fra gli scenari del Monte Whitney, tra rocce, pini e freddo che conferiscono alla sequenza finale un asciutta purezza.
In questa sequenza viene anche esaltato il motivo figurativo della morte come ascesa, che sarà caratteristico di molti film noir successivi: i primi gangster morivano in basso, tra i rigagnoli delle strade, il loro eredi cercano di fuggire verso la luce, in un processo ascensionale che si rivela una trappola (o un simbolo della loro liberazione esistenziale attraverso la morte)[87]. Tutto lo stile visivo del film è del resto insolitamente “chiaro” secondo un principio narrativo evidenziato da Jack Shadoian:
Walsh non distorce il mondo per flagellarlo come il copione talvolta suggerisce, ma ne registra con equanimità l’impenetrabile, inesorabile presenza[88].
I primi gangster movie, sia che richiamassero o meno in modo specifico alla rapacità del capitalismo americano, sono storie che echeggiano di eroici e positivi riverberi, tali da creare sogni e fantasie per rendere sopportabile una vita dura.
Nel 1939 la depressione economica finisce e nel 1941, quando l’America era impegnata nella guerra, Una pallottola per Roy appare sugli schermi.
In questo film il gangsterismo non sembra essere un problema, il genere viene usato in modo critico, come veicolo di idee, i simboli, le metafore e le allusioni sono più evidenti. A partire da questo film l’impegno del genere nel rivelare ed esporre la realtà del criminale non è più centrale; maggior rilievo è dato alla società stessa nonché al tipo di esistenza che la gente conduce; una differenza fondamentale rispetto ai primi esempi del genere è che in questi film non è più il gangster ad essere il “cattivo”, ma la società stessa.
Scarcerato per amnistia “Mat Dog”, Roy Earle, famoso rapinatore di banche, svaligia la cassaforte di un albergo di lusso in alta montagna con l’aiuto di due giovani inesperti e di Mary (Ida Lupino) che si innamora di lui. Braccato dalla polizia sulla Sierra Nevada trova nella morte la libertà che sognava.
La storia è ancora tipica del genere gangster: un criminale pericolosissimo, appena evaso, ha progettato un nuovo colpo e si destreggia tra alleati che lo vogliono incastrare, la polizia che lo tiene d'occhio e le sue manie di grandezza.
I personaggi e le relazioni che si stabiliscono sono, invece, tipiche da noir: l'uomo che perde tutto perché portato nel vortice del peccato da una donna senza scrupoli, mentre cerca invano di sfuggire ad un destino segnato[89]. Questo film presuppone che lo spettatore sia già a conoscenza di cosa sia un “gangster” e in che cosa consista un gangster movie. Viene infatti descritta una vecchia storia già sentita, ma un semplice racconto mimetico della vita di un gangster non è più sufficiente, in questa nuova ottica, a soddisfare i gusti del pubblico.
Mentre nei film gangster classici mostrare la vita del boss è un percorso che è un fine, ora diviene un mezzo per esprimere qualcos’altro. Una pallottola per Roy è impegnato nel rivelare la mediocrità della cultura e la morte del sogno americano: per fare ciò l’autore si serve di un escluso, il gangster, il quale aveva conosciuto in passato una diversa America e che ora deve fare i conti con ciò che è diventata.
La non sincronizzazione dell’eroe è un accorgimento presente nel film: la scena è quella in cui Roy decide di ispezionare l’albergo che dovrà rapinare per conto di Big Mac. Si dirige attraverso una serie di dissolvenze che ci mostrano le sale del locale popolate da giovani corpi in atteggiamenti oziosi, a comprare le sigarette; la sua presenza, nonostante la racchetta da tennis, è goffa e la sua immagine fuori luogo.
Prende un pacchetto dal banco e lascia alcuni spiccioli, mentre se ne va la ragazza lo ferma “venticinque centesimi per favore”, Roy si gira con disgusto e obbedisce. Più tardi, durante la rapina, c’è un’eco di questa scena, il suo sguardo cade sulla vetrina che racchiude i pacchetti di sigarette, rompe il vetro e ne prende uno.
Queste due scene mostrano il rapporto che il personaggio ha con il suo mondo[90]. La rottura del vetro è gratificante perché è il gesto di un uomo libero, lui non è pazzo o malvagio, prende solo un pacchetto, ciò di cui ha bisogno, è un riflesso dei giorni in cui il mondo era suo, un gesto di indipendenza che è alterato da ciò che sappiamo grazie alla scena precedente: è stato in carcere a lungo e ora le sigarette costano un quarto di dollaro. In qualità di ultimo dei gangster di vecchio stampo egli pone in prospettiva ciò che i suoi predecessori avrebbero potuto realmente fare.
Un altro aspetto importante è il rapporto di Roy con la famiglia dei Goodhue. I Goodhue, lontani dall’essere una versione idealizzata di onesta e brava gente sfortunatamente costretta ad allontanarsi dalla propria terra, vengono presentati come degli opportunisti deboli e corruttibili. Solo papà Goodhue è sincero, è il più vecchio, quindi le sue radici affondano nel ricco passato che la sua famiglia va dimenticando.
Quando Roy li incontra sente il desiderio di aiutarli per un suo bisogno di essere accettato dalla gente comune, da cui si è estraniato a causa della sua “professione”. Roy crede di poter cambiare il suo destino diventando parte di questa famiglia, si innamora di Velma perché è bella e per bene, ma anche perché è storpia. Roy ha già una famiglia, Mary e Pard, che stoltamente disprezza come non degna. Velma non è così innocente come tutti credono che sia, infatti una volta guarita la sua crudeltà nei confronti di Roy diventa imperdonabile. Non a caso nell’ultima visita di Roy alla famiglia Goodhue vediamo Velma, il cui piede deforme è stato operato con successo, che balla impegnandosi in una serie di passi all’ultima moda.
Questa è la conclusine gratificante dell’intreccio sentimentale secondario, ma la canzone che accompagna il suo piroettare è “I get a kick out of you”, cioè “ Me la godo grazie a te” e conferisce alla scena una vena di cattiveria: liberata dalla sua deformità, Velma rivela la sua natura avida e vacua; che preferisca Lon Preiser a Roy è quanto basta perché perda le simpatie di tutti, e il vecchio Goodhue appare destinato a vivere il resto dei suoi giorni nell’insipida compagnia di Velma, Lon, e dei loro amici “moderni”.
Roy finisce col trasferire su Marie l’amore idealizzato che provava per Velma (cominciando finalmente ad amare una persona invece di un’idea). Marie comprende questa situazione e decide di stare vicino a Roy per la stima che nutre per lui; non è l’amore a spingerla verso Roy, ma il rispetto e l’averne compreso la bontà. Quando per la prima volta lei gli rivela il suo amore e la sua lealtà, Roy sembra confuso, è ancora distratto da Velma.
La vera tragedia che attraversa il film è quella di Marie, che sopporta il peso della consapevolezza durante tutto il film. Roy Earle rappresenta il vecchio mondo, Velma il nuovo, e nonostante la passione del primo per la ragazza, e la curiosità di questa per l’uomo, nessun legame è possibile fra i due. In Una pallottola per Roy il vecchio mondo o muore (Earl), o è corrotto (Doc Banton), o esiste senza scopo (il vecchio Goodhue). Il mondo in cui rientra Roy è dunque popolato da una nuova razza che non ha gli stessi suoi valori e bisogni.
Nel finale del film le pressioni della società in cui vive spingono Roy sulla montagna, dove si barrica eroicamente e lancia la sfida a coloro che s’accalcano in basso. Lo speaker della radio informa i suoi ascoltatori su ciò che sta accadendo:
Il traffico è ingorgato nella strada sulla montagna. Spettatori vengono da ogni parte…lassù fa un freddo infernale…la roccia che incombe sul nascondiglio di Earle sembra un enorme iceberg. Tutte le volte che i razzi si accendono, le facce della folla che s’accalca qua intorno hanno l’aspetto di bianche maschere di neve. Sembrano morti, in tutto, fuorché negli occhi.
Dettaglio dopo dettaglio la descrizione va avanti nei toni piatti e appassionati di un cronista sportivo:
…Qua le cose stanno così, mentre lo sceriffo ed i suoi uomini si consultano ininterrottamente la situazione diventa sempre più tesa. La folla si sta innervosendo. Enormi riflettori sono puntati sulla fortezza rocciosa di Earle ….il più freddo posto del mondo stanotte, freddo e irreale, ispira timore reverenziale il carattere raccapricciante di questo appuntamento con la morte. Gli spettatori in preda a morbosa curiosità se ne stanno come se assistessero ad un incontro sportivo, gli alti pini raggruppati intorno simili ad una silenziosa giuria, i volti induriti dei funzionari di polizia in attesa dell’uccisione…
Quando tutto è finito Marie piange, le lacrime di dolore si trasformano impercettibilmente in lacrime di gioia quando lei pensa alla “liberazione” di Roy. Nelle sequenze finali ciò che ha voluto dire Roy, la sua dignità, è impresso sul volto di Marie e nell’animo dello spettatore mentre essa avanza verso la cinepresa, con gli occhi risplendenti e la testa alta. Come sottolineato da Shadoian:
Le tre figure che sono sensibili a Roy, che provano simpatia per lui e che con lui comunicano sono i classici emarginati della società: un negro, una donna e un cane bastardo, presentate tutte come creature vitali e piene di sentimento. Tutti e tre, ciascuno a suo modo, capiscono Roy, molto se si tiene conto della sua indifferenza, poiché lui cerca la comprensione dei Goodhue, che rappresentano il modello della classe media emergente dopo la depressione[91].
Durante gli anni trenta, principalmente nell’ultima parte del decennio, molti film criminali tendevano a interiorizzare quel conflitto che il cinema gangsteristico aveva in buona parte interpretato in chiave di rapporto fra individuo e società: il dramma non ha più come scenario le trasformazioni sociali, ma diviene una questione individuale, basata sul rapporto col proprio passato, la propria solitudine e il proprio destino.[92]
Una pallottola per Roy usa il gangster come punto di riferimento di valori, un uomo d’onore, integro, ricco di sentimento, presentato come meschino e inumano. Una pallottola per Roy fa un enorme passo avanti verso quello che ora i critici cinematografici chiamano film noir, definendone le regole. Il noir diventa il nuovo spazio del gangster, una dimensione che condivide con altri eroi e antieroi. Questo genere ha schemi che possono adattarsi alla maggior parte dei film.
Sebbene il gangster e il suo ambiente si dimostrano essere soggetti ideali per l’espressività del noir, i veri presupposti di questa nuova dialettica cinematografica si oppongono a caratterizzazioni su grande scala che assumono generalmente il controllo del film, e così il gangster invece di emergere dal suo mondo si trova costretto a fondersi con esso.
L’investigatore privato è il vero eroe nel cinema noir, indaga sulle condizioni di vita per mezzo delle metafore della trama. L’ambiguità morale dell’investigatore indica i nuovi turbamenti che assalgono l’eroe, i suoi sforzi per districare l’aggrovigliato flusso di valori ad azioni in un mondo che deve ancora riacquistare il suo equilibrio.[93] Durante la guerra il film noir rispecchia le sconcertanti storie dei reduci, riproponendone l’imprevedibilità, i rapporti sleali, l’affinarsi della malvagità. Terminato il secondo conflitto mondiale il gangster movie riemerge con caratteristiche del tutto diverse rispetto al decennio precedente, anche nel rinnovato rapporto con l’attualità sociale.
C’è stata una pausa produttiva nel genere, la guerra, il problema più trattato rimane quello dei reduci e soprattutto si è venuto a formare uno stacco netto con il passato, che non riguarda solo il genere gangster, ma l’intera società americana.
Ecco che i personaggi vengono spostati, privati di quel ruolo sociale a suo modo sicuro in cui li collocava l’universo criminale dell’anteguerra: rapinatori che cercano inutilmente di sottrarsi al proprio destino fuggendo in provincia, ex detenuti che tornano a reclamare la loro parte di guadagni e devono fare i conti con un sistema malavitoso-finanziario oramai trasformato, eroi in balìa di avvenimenti che non controllano più, traditi da complici o da donne infide, ereditate dalla tradizione hard-boiled che solo ora arriva massicciamente sugli schermi.
La figura della “Femme Fatale” è l’elemento sovversivo di molte pellicole noir, e viene trattato come l’alternativa femminile al classico maschio ribelle che sfida la società patriarcale: sono donne forti, intrappolate in un mondo dominato dall’uomo, pronte ad usare qualunque mezzo, anche la propria sessualità, pur di giocare ad armi pari.[94]
Alla fine degli anni Quaranta il processo di interiorizzazione del noir contamina tutto lo spazio metropolitano, con valenze e simbologie che sono profondamente diverse rispetto alle guerre di gang del Proibizionismo: non ci sono più mitra, automobili e appartamenti di lusso o nigth club a indicare l’appropriazione dei beni di consumo da parte del vitalismo gangsteristico, ma quello che ci viene presentato è un male profondo che tende a identificarsi con l’intera società.
Come scrive Leonardo Gandini, analizzando le possibili origini della corrente noir:
Il noir rappresenta il prodotto di un incrocio tra certe soluzioni formali ricorrenti nell’horror (…) e l’iconografia, i personaggi e gli argomenti tipici del cinema poliziesco e di ambientazione criminale. Del resto come ha fatto notare Krutnik il noir ha compiuto la sintesi di tre generi: il gangster-movie, il film d’orrore e il poliziesco classico, basato sulla deduzione.[95]
Conclusioni
Il genere cinematografico gangsteristico americano costituisce l’interpretazione che Hollywood ha dato degli avvenimenti sociali, di cronaca, politici ed economici che si sono succeduti nell’America degli anni venti e trenta. Lo speciale punto di vista scelto, le storie gangster, è probabilmente il solo scenario che potesse comprendere i tanti aspetti di questo difficile e importante periodo di grandi trasformazioni negli Stati Uniti. Nel corso degli anni quaranta infatti l’America, con le grandiose sollecitazioni della seconda guerra mondiale, mette a frutto le dure lezioni del ventennio precedente per avviarsi ad assumere il volto che le riconosciamo di grande potenza economica, militare e industriale.
Le radici storiche e sociali di questi film di gangster sono nell’epoca della Grande Depressione economica, che tocca drammaticamente gli Stati Uniti a partire dal crollo della borsa di Wall Street nel ’29 e nel fenomeno di “criminalità diffusa” portato dall’introduzione del Proibizionismo, assunto come provvedimento legislativo nel 1919 per contrastare l’abuso di alcolici. A partire dal 1933, con la presidenza Roosevelt, ed in particolare a seguito dell’abolizione del Proibizionismo e dell’introduzione di un piano di riforme per risollevare l’America dalla grande depressione, il New Deal, la situazione politica ed economica degli Stati Uniti d’America cambia e con essa anche il volto e gli interessi della delinquenza e la cinematografia che la rappresenta. Nel 1934, quando viene creato un nuovo corpo investigativo, l’FBI, il ruolo della cinematografia dell’epoca assume aspetti collaborativi con le autorità governative nel caratterizzare questi speciali poliziotti, i G-Man.
Non sempre i rapporti fra autorità governative e major cinematografiche sono stati in questo periodo lineari e collaborativi. Infatti, a causa della grande importanza assunta, particolarmente dopo l’avvento del sonoro, di questo tipo nuovo di intrattenimento, le autorità tendono, spesso con successo e perfino con atti d’imperio, all’inserimento nei soggetti cinematografici di elementi di censura e orientamento della pubblica opinione.
La narrativa poliziesca americana recepisce l’affermazione popolare dei “mysteries” e la combina con gli elementi di sicuro successo della mitologia Western, trasponendo in ambiente urbano le caratteristiche delle storie della frontiera, privandole però del rapporto diretto con la natura e del senso di costruzione di una civiltà, tematiche tipiche di quel genere cinematografico. Il genere gangster è il risultato, molto apprezzato in quegli anni, di questa fortunata combinazione che non esaurisce il suo scopo nel narrare storie di malavita, ma le arricchisce con immagini che sono lo specchio dei tempi, delle angosce e delle speranze dei singoli e delle paure di una società in trasformazione.
I temi toccati sono fra i più pregnanti: il rapporto fra l’individuo e la società, quello fra il gangsterismo e la città e la disgregazione del nucleo familiare. Fra questi temi si muovono personaggi che inevitabilmente rappresentano l’underworld metropolitano ed il sogno americano della gente comune. L’interpretazione di questi elementi da parte di bravi attori e ottimi registi ha consentito la nascita e la lunga vita di questo genere cinematografico. Il cinema gangsteristico classico viene identificato dalla maggior parte della critica in tre titoli: Piccolo Cesare, Nemico Pubblico e Scarface.
L’ultimo film appartenente al genere gangster e che pone le basi per i cambiamenti di tematiche e atmosfere portate dal noir è Una pallottola per Roy, mentre il primo film che può definirsi noir è Il mistero del falco (1941) diretto da John Huston. La grande accelerazione dei cambiamenti sociali che avviene nell’America degli anni quaranta impone al gangster movie una tale dilatazione dei temi classici da divenire esso stesso uno spazio vuoto, tale da potersi riempire dei nuovi temi che si sviluppano nelle strade delle grandi metropoli. I film di questo periodo propongono gangster story di ristretto ambiente familiare dove il gangster finisce con il confondersi fino a scomparire fra altri personaggi, come il detective privato del cinema noir, che prendono la scena nella cinematografia di Hollywood.
Il Codice Hays si articolava nei seguenti punti:
· Il nudo e le danze lascive furono proibiti.
· La ridicolizzazione della religione fu proibita; i ministri del culto non potevano essere rappresentati come personaggi comici o malvagi.
· La rappresentazione dell'uso di droghe fu proibita, come pure il consumo di alcolici, "quando non richiesto dalla trama o per un'adeguata caratterizzazione".
· I metodi di esecuzioni di delitti (per esempio l'incendio doloso o il contrabbando) non potevano essere presentati in modo esplicito.
· Le allusioni alle "perversioni sessuali" (come l'omosessualità) e alle malattie veneree furono proibite, come lo fu anche la rappresentazione del parto.
· La sezione sul linguaggio bandì varie parole e locuzioni offensive.
· Le scene di omicidio dovevano essere girate in modo tale da scoraggiarne l'emulazione nella vita reale, e assassini brutali non potevano essere mostrati in dettaglio. "La vendetta ai tempi moderni" non doveva apparire giustificata.
· La santità del matrimonio e della famiglia doveva essere sostenuta. "I film non dovranno concludere che le forme più basse di rapporti sessuali sono cose accettate o comuni".
· L'adulterio e il sesso illegale, per quanto si riconoscesse potessero essere necessari per la trama, non potevano essere espliciti o giustificati, e non dovevano essere presentati come un'opzione attraente.
· Le rappresentazioni di relazioni fra persone di razze diverse erano proibite.
· "Scene passionali" non dovevano essere introdotte se non necessarie per la trama.
· "Baci eccessivi e lussuriosi vanno evitati", assieme ad altre trattazioni che "potrebbero stimolare gli elementi più bassi e grossolani".
· La bandiera degli Stati Uniti d'America doveva essere trattata rispettosamente, così come i popoli e la storia delle altre nazioni.
· La volgarità, e cioè "soggetti bassi, disgustosi, spiacevoli, sebbene non necessariamente negativi" dovevano essere trattati entro i dettami del buon gusto.
· Temi come la pena capitale, la tortura, la crudeltà verso i minori e gli animali, la prostituzione e le operazioni chirurgiche dovevano essere trattati con uguale sensibilità.
Codice Hays, testo originale: General Principles 1. No picture shall be produced that will lower the moral standards of those who see it. Hence the sympathy of the audience should never be thrown to the side of crime, wrongdoing, evil or sin. 2. Correct standards of life, subject only to the requirements of drama and entertainment, shall be presented. 3. Law, natural or human, shall not be ridiculed, nor shall sympathy be created for its violation. Particular Applications
I. Crimes
Against the Law 1. Murder a. The technique of murder must be presented in a way that will not inspire imitation. b. Brutal killings are not to be presented in detail. c. Revenge in modern times shall not be justified. 2. Methods of Crime should not be explicitly presented. a. Theft, robbery, safe-cracking, and dynamiting of trains, mines, buildings, etc., should not be detailed in method. b. Arson must subject to the same safeguards. c. The use of firearms should be restricted to the essentials. d. Methods of smuggling should not be presented. 3. Illegal drug traffic must never be presented. 4. The use of liquor in American life, when not required by the plot or for proper characterization, will not be shown.
II. Sex 1. Adultery, sometimes necessary plot material, must not be explicitly treated, or justified, or presented attractively. 2. Scenes of Passion a. They should not be introduced when not essential to the plot. b. Excessive and lustful kissing, lustful embraces, suggestive postures and gestures, are not to be shown. c. In general passion should so be treated that these scenes do not stimulate the lower and baser element. 3. Seduction or Rape a. They should never be more than suggested, and only when essential for the plot, and even then never shown by explicit method. b. They are never the proper subject for comedy. 4. Sex perversion or any inference to it is forbidden. 5. White slavery shall not be treated. 6. Miscegenation (sex relationships between the white and black races) is forbidden. 7. Sex hygiene and venereal diseases are not subjects for motion pictures. 8. Scenes of actual child birth, in fact or in silhouette, are never to be presented. 9. Children's sex organs are never to be exposed.
III.
Vulgarity
IV.
Obscenity
V.
Profanity
VI.
Costume 2. Undressing scenes should be avoided, and never used save where essential to the plot. 3. Indecent or undue exposure is forbidden. 4. Dancing or costumes intended to permit undue exposure or indecent movements in the dance are forbidden.
VII.
Dances 2. Dances which emphasize indecent movements are to be regarded as obscene.
VIII.
Religion 2. Ministers of religion in their character as ministers of religion should not be used as comic characters or as villains. 3. Ceremonies of any definite religion should be carefully and respectfully handled.
IX.
Locations
X.
National Feelings 2. The history, institutions, prominent people and citizenry of other nations shall be represented fairly.
XI. Titles
XII.
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Filmografia
· Musketeers of Pig Alley, The, di David Grtiffith, 1912
· Underworld (Le notti di Chicago), di Josef Von Sternberg, 1927
· Big house, The (Carcere), di George H. Will, 1930
· Doorway to hell, The, di Archie Mayo, 1930
· Little Caesar (Piccolo Cesare), di Mervyn Le Roy, 1930
· City Streets (Le vie delle città), di Rouben Mamoulian, 1931
· Public Enemy, The (Nemico Pubblico), di William Wellman, 1931
· Quick millions, di Rowland Brown, 1931
· Secret six, The, di George W. Hill, 1931
· I am a fugitive from a chain gang (Io sono un evaso), di Mervin Le Roy, 1932
· Scarface (id.), di Howard Hawks, 1932
· G. Man (La pattuglia dei senza paura), di William Keighley, 1935
· Fury (Furia), di Fritz Lang, 1935
· Petrified Forest, The (La foresta pietrificata), di Archie Mayo, 1936
· Dead end (Strada sbarrata), di William Wyler, 1937
· Angels with dirty faces (Angeli con la faccia sporca), di Michael Curtiz, 1938
· Roaring Twenties, The, di Raul Walsh, 1939
· High Sierra (Una pallottola per Roy), di Raoul Walsh, 1941
· Maltese Falcon, The (Il mistero del falco), di John Huston, 1941
Note
a piè pagina
[1] D. E, Ruth, Inventing The Public Enemy-The gangster in American culture, 1918-1934, The University of Chicago Press, Chicago 1996. L’immagine del gangster sullo schermo, e il rapporto con la città, cambierà solo nel 1930, i film appartenenti al genere realizzati alla fine degli anni Venti tendono a far coincidere il gangster con il bandito di strada, parente non troppo lontano dalla figura analoga che caratterizzava i western. [2] Cfr. J. Shadoian, Il cinema gangsteristico americano, Dedalo, Bari 1980, p.35. [3] Cfr F. Mason, American Gangster Cinema, Palgrave, London 2002, p.3. [4] Cfr. R. Venturelli, Gangster e detective. Il cinema criminale, in G.P. Brunetta (a cura di), Il cinema Americano II, Einaudi, Torino 2006, p.1188. [5] Sulla popolarità e la diffusione di un’immagine eroica del gangster consultare L. Hughes, The rough guide to gangster movie, Rough Guides, New York 2005, pp 5-8. [6] Cfr. P. Hardy, The overlook film encycloedia. The gangster film, Overlook, New York 1998, p.9. [7] R. Maltby, Una vita breve e spericolata:il film gangster, 1930-32, in Prima dei codici 2- Alle porte di Hays, Fabbri. Biennale di Venezia 1991, pp.159-174.Maltby, che polemizza con l’interpretazione del gangster come eroe tragico, sostiene che “l’analogia tra il crimine e il mondo americano degli affari fu usata per dar la colpa all’interferenza del governo e alle leggi anti-trust della corruzione dilagante nel capitalismo americano”: si sbandierava la minaccia chi si inserisse nell’economia una nuova forza proveniente da attività criminali.
[8] Cfr. A. Silver e J. Ursini, Il noir, Taschen, Modena 2004, p.15. [9] Maurice Dobb, Problemi di storia del capitalismo, Editori Riuniti, Roma 1972, pp 341-361. [10] Cfr. N. Roddick, A new deal in entertainment- Warner Bros in the 1930s, BFI, London 1983. Secondo Roddick l’insistenza sul conflitto fra singolo e società, il bisogno imperioso del singolo di sopraffare il resto della sua comunità, sono legati anche agli aspetto politici del New Deal. [11] Cfr. S. M. Ejzenstejn, La forma cinematografica, Einaudi, Torino 1986 (Raccolta di articoli scritti fra il ’28 e il ’40. L’intera opera rimanda al conflitto di classe come tema da rappresentare e trasmettere allo spettatore attraverso emozioni e sensazioni che si rivelino utili per un esame critico della realtà che non si fermi alla superficie dei fatti). [12] Cfr. L. Hughes, The rough guide to gangster movies, cit, p..3. [13] Per approfondimenti, E. Kefauver, Il gangsterismo in America, Einaudi, Torino 1953. [14] il suo nome in origine era "Fuller Building" dal nome della ditta di costruzioni che lo realizzò, ma fu presto soprannominato Flatiron per via della sua particolarissima forma a base triangolare che ricorda un ferro da stiro. [15] Cfr. L. Gandini, Il cinema cantore della metropoli, in G. P .Brunetta (a cura di), Il cinema americano I, Einaudi, Torino 2006 p. 557. [16] R. E. Park, The City. Suggestions for the Investigation of Human Behavior in the Urban Environment, in P. K. Hatt e A. J. Reiss jr. (a cura di), Reader in Urban Sociology, Glencoe 1951, p. 28. [17] Cfr.J. Shadoian, Il cinema gangsteristico americano, cit, pp.25-26. [18] F .La Polla, Epica e mito degli anni trenta, in G.P.Brunetta (a cura di), Il Cinema Americano I, Einaudi, Torino 2006. [19] Per una succinta discussione vedi S. M. Kaminsky, Little Caesar and its role in the gangster film genre, in “Journal of Popular film 1”( estate 1972), pp. 209-227. [20] Sul concetto di “American Dream”, cfr. F. Mason, American Gangster Cinema, cit, p.7. [21] W. R. Burnett, Piccolo Cesare, Sellerio, Palermo 2006, p.12. [22] Cfr.J. Shadoian, Il cinema gangsteristico americano, cit,p. 56. [23] Cfr, S. M. Kaminsky, Little Caesar and its role in the gangster film genre, cit, p. 215.
[24] Cfr. R.Venturelli, Gangster in cento film, Le mani, Recco 2000, p. 60. [25] F.Mason, American Gangster Cinema, cit, p.10. [26] Per approfondimenti, B. Grespi, Howard Hawks, Le Mani-Microart, Genova 2004.
[27]
Yoknapatawpha (pronuncia "ioknapatofa") è una contea immaginaria
del sud degli Stati Uniti con capitale, altrettanto immaginaria,
Jefferson dove lo scrittore americano William Faulkner (Premio
Nobel per la letteratura nel 1949) ha ambientato molti dei suoi
romanzi e racconti; di fatto è sovrapponibile alla, realmente
esistente, contea di Lafayette (Mississippi), con capitale
Oxford. Nei suoi primi scritti la contea si chiamava Yocona, poi
più tardi cambiò nome in Yoknapatawpha.
[28] Per approfondimenti, J. Mc.Bride, Il cinema secondo Hawks, Pratiche, Parma 1992. [29] R. Venturelli, Gangster in cento film, cit, p.69. [30] Nasce il 28 Febbraio 1894 a New York. Commediografo, sceneggiatore, scrittore e giornalista, dopo avere scritto i copioni di Scarface (1932), Partita a quattro (1933), Viva Villa! (1934), Notorious (1946), Il bacio della morte (1947) passò alla regia con il dramma psicologico Delitto senza passione (1934) tratto da un suo racconto e dichiaratamente finalizzato, come gli altri suoi film,a dar fastidio alle grandi produzioni di Hollywood. [31] Cfr. P. Hardy, The Overlook film enciclopedia. The gangster film, cit, p.48. [32] Cfr. L. Gandini, Howard Hawks. Scarface, Lindau, Torino 1998, p.40. [33] J. Kobler , Al Capone. La vita e il mondo del re dei gangster , Mondatori, Milano 2004. [34] Cfr. L. Hughes, The rough guide to gangster movies, cit, p. 168. [35] L. Langman, and D. Finn, A Guide to American Crime Films of the Thirties. Westport. Greenwood Press, 1995. [36] L. Gandini, Howard Hawks. Scarface, Lindau , cit, p 58. [37] Cfr. R. Venturelli, Gangster e Detective. Il cinema criminale, in G. P. Brunetta ( a cura di), Il cinema americano II, cit, p.1190. [38] Cfr. A. Guerri, Il film noir. Storie americane, Gremese, Roma 1998, pp.22-24. [39] Cfr. R. Venturelli, Gangster in cento film, cit, p.73. [40] Per un approfondimento del problema da un punto di vista sociologico, A. Fasanella, L'insostenibilità dell'individualismo radicale, in Sociologia e ricerca sociale n.79, fascicolo 43, Canoni, Roma 2007. [41] Cfr, R.Venturelli, Gangster in cento film, cit, p.18. [42] F.Mason, American gangster cinema, cit, p.17. [43] Cfr. L. Hughes, The rough guide to gangster movies, cit, p. 152, la scena rimane una della più famose del film e viene evidenziata da molti autori. [44] Cfr, R. Venturelli, Gangster e detective. Il cinema criminale, in G. P. Brunetta (a cura di), Il cinema americano II, cit, p.1188. [45] J. Shadoian, Il cinema gangsterisitco americano, cit, pp. 69-70. [46] Cfr, ivi, p.84. [47] Cfr. A. Guerri, Il noir, cit, p.15. [48] Cfr. C. L. Hanson, William Wellman : a memorable visit an elder statesman, in “Cinema 3” p.2. [49] Cfr. P. Hardy, The Overlook film enciclopedia. The gangster film, cit, p. 40. [50] J. Gabree, Gangsters: from Little Caesar to The Godfather, Galahad Books, New York 1973. [51] Consultare l’indirizzo web: www.filmsite.org/publ.html.”Public Enemy”(1931). [52] Per approfondimenti consultare, M. G. Mank, Scarface: shame of a Nation, in F. Magill (a cura di), Magill’s Survey of Cinema, vol.3, Salem Press, Englewood Cliffs, New Jersey 1980. [53] Per approfondimenti, M.Yaquinto, Pump 'Em Full of lead: A Look at Gangsters on Film, Twayne Publishers, New York 1998. [54] J. Shadoian, Il cinema gangsteristico americano, cit, p.79. [55] Il tema della vendetta non è presente in Piccolo Cesare (1930). [56] J. Shadoian, Il cinema gangsteristico americano, cit, p.81. [57] Trad:” Forse i film più duri della serie Gangster, Nemico Pubblico e Piccolo Cesare hanno avuto un forte impatto sulla opinione pubblica. Essi evidenziarono il lato diabolico del proibizionismo suggerendo la necessità di ripulire la Nazione. Tom Powers in Nemico Pubblico e Rico in Piccolo Cesare non sono nè due uomini, nè semplicemente due personaggi, essi rappresentano un problema che prima o poi noi, il pubblico dovrà risolvere.
[58] Per approfondimenti, E. Kefauver, Il gangsterismo in America, cit, 1953. [59] Per approfondimenti, J. Kobler, Al Capone, cit. [60] Consultare per approfondimenti il sito web: http://www.crimelibrary.com/gangsters_outlaws/outlaws/dillinger/1.html. Qui si posso trovare le storie di molti dei più famosi criminali del Midwest. In alternativa consultare il sito dell’ FBI: http://www.fbi.gov/libref/historic/famcases/dillinger/dillinger.htm.
[61] Cfr, A. Guerri, Il film noir, cit, p. 30. [62] G. Man sta per “Governament Man”. [63]Per approfondimenti sulla nascita del Federal Bureau of Investigation, B. Burrough, Public enemies: America’s Greatest Crime Wave and the Birth of the FBI (1933-1934), The Penguin Press, New York 2004.
[64] La pattuglia dei senza paura è stato inserito in R. Venturelli, Storia del poliziesco americano in cento film, Le Mani, Recco 1995, in quanto ritenuto dall’autore del libro fondamentale per l’evoluzione del poliziotto nel corso del decennio e la sua contaminazione con la figura del gangster. [65] Cfr, J. Munby, Public Enemies. Public Heroes, The University of Chicago Press, Chicago 1999, p. 66.
[66] Per approfondimenti sulle attività all’interno della MPPDA di Will Hays, R. Koszarski, Il cinema degli anni venti, in G. P. Brunetta (a cura di), Il cinema americano I, Einaudi, Torino 2006 [67] Cfr, G. Muscio, L’era di Will Hays. La censura nel cinema americano, in G. P. Brunetta (a cura di), Il cinema americano I, Einaudi, Torino 2006, pp. 526 – 555.
[68] Cfr, T. Doherty, Pre-code Hollywood, Columbia University Press, New York 1999. [69] Cfr, R. Malby, The Production Code and the Hays Office, in T. Balio (a cura di), The Grand Design: Hollywood as a Modern Business Enterprise (1930 - 1939), University of California Press, Los Angeles 1995, pp. 37 – 72.
[70] Vedi appendice p. 129. [71] Cfr, J. Munby, Public Enemies. Public Heroes, cit, p. 6.
[72] Cfr, ivi, p. 64. [73] Cfr, R. Venturelli, Gangster in cento film, cit, pp. 80 – 81. [74] François de Moncorbier detto Villon (nato a Parigi nel 1431 o nel 1432 - scomparso nel 1463) è stato un poeta, ladro e vagabondo francese che visse per lungo tempo come un bandito, emarginato e ricercato. Per quattro volte arrestato per episodi di malavita, fino a essere condannato a morte, fu sempre rilasciato ma poi nuovamente catturato e imprigionato. Fu proprio in carcere che scrisse le sue opere maggiori. Per il valore dei suoi versi - e principalmente per il suo capolavoro poetico, i poemi raccolti nei Testamenti - è ritenuto uno dei precursori della corrente letteraria dei maudits, i poeti maledetti.
[75] Cfr, J. Munby, Public Enemies. Public Heroes, cit, pp. 112-114. [76] P. Hardy, The Overlook film enciclopedia-The gangster film, cit, p. 69.
[77] Per approfondimenti sul dramma consultare, A. Scalero, La foresta pietrificata, Delfino, Roma 1945. [78] L. Hughes, The rough guide to gangster movies, cit, p. 73.
[79] R. Venturelli, Gangster e Detective. Il cinema criminale, in G. P. Brunetta (a cura di), Il cinema americano II, cit, p. 1190. [80] Cfr, L. Hughes, The rough guide to gangster movies, cit, p. 73. [81] Cfr, R.Venturelli, Gangster in cento film, cit, p. 88. [82] W. R. Burnett, High Sierra, Rosettabooks, New York 2002. [83] Cfr, F. Mason, American Gangster film, cit, pp. 47 – 52. [84] Fra cui J. Shadoian, F. Mason, R. Venturelli. [85] La composizione del nome infatti è: Roy (come Re) e Earle (come Nobile). [86] Su questo particolare aspetto di Una pallottola per Roy consultare, F. Mason, American Gangster film, cit, pp. 77 – 78. [87] Cfr, ivi, pp. 54 – 66. [88] J. Shadoian, Il cinema gangsterisitco americano, cit, p.113.
[89] Per approfondimenti su questa tematica principale del noir, R. Borde e E. Chaumeton, A panorama of American film noir (1941 – 1953), City Lights, S. Francisco 2002. [90] Cfr, J. Shadoian, Il cinema gangsterisitco americano, cit, p. 100. [91] J. Shadoian, ivi, p. 112. [92] Cfr, R.Venturelli, Gangster in cento film, cit, p. 23.
[93] Cfr, J. Shadoian, Il cinema gangsterisitco americano, cit, p. 93.
[94] Cfr. A. Silver e J. Ursini, Il noir, cit, p. 16.
[95] L. Gandini, Il film noir americano, Lindau, Torino 2001, p. 26.
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